di Antonio Torrelli

PERUGIA – Sono circa una ventina le associazioni che hanno aderito al Comitato umbro referendario contro il nucleare. E se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova campagna antinuclearista promette bene.

Oltre a sindacati, comitati, movimenti e gruppi politici, infatti, sono già pervenute adesioni formali di esponenti di partiti e istituzioni, i quali hanno dato il loro appoggio personale all’iniziativa.

Un dato che fa ben sperare, almeno per chi ci crede veramente nella sfida contro l’atomo e che, in passato, ha fondato la sua storia con le battaglie sul nucleare.

E’ il caso di Legambiente Umbria, che oggi vede nel referendum un punto di svolta non solo attraverso la lente ambientalista, ma anche come tappa importante per la salvaguardia della democrazia nel Paese.

“Legambiente di fatto nasce come movimento antinuclearista -afferma la presidente regionale Alessandra Paciotto- e oggi più che mai sentiamo il dovere di scendere nelle piazze e far capire ai cittadini l’importanza di questo momento, recuperando, inoltre, il valore delle relazioni umane e anche quel gusto di tornare ad avere un proprio ruolo politico nella società”.

Un ruolo che invece sembra essersi scollato da tempo a causa della forte disaffezione tra società e mondo politico, ma che le associazioni e i movimenti come Legambiente ritengono di poter ricostruire grazie alla campagna referendaria.

“Da domani inizieremo ad informare gli umbri sulla pericolosità del nucleare -aggiunge Paciotti-, facendo leva sull’unica vera alternativa che ad oggi è in grado di rilanciare qualità della vita, tutela dell’ambiente e sviluppo economico: l’utilizzo delle energie rinnovabili. Per questo -prosegue la presidente di Legambiente Umbria- abbiamo in progetto una serie di iniziative che coinvolgeranno tutto il territorio regionale”.

Ma la visione di Legambiente non è isolata. Sulla stessa linea d’onda del movimento ci sono politici di spicco come Lamberto Bottini, segretario regionale Pd, Luigi Bori, coordinatore di Sel Umbria, e Damiano Stufara, capogruppo regionale di Prc-Federazione della Sinistra.

“Credo che il punto di vista di Legambiente centri alla perfezione il difficile tema del referendum -spiega Bottini- perché l’opinione pubblica rappresenta certamente non solo il punto di partenza di una battaglia importante come questa, ma anche l’elemento di slancio per programmare sul territorio nuove politiche economiche e ambientali, seguendo la strada maestra delle rinnovabili”.

Un significato politico, dunque, oltre che sociale e culturale. Una sfida, questa, che come ha dichiarato il coordinatore regionale di Sinistra, Ecologia e Libertà, “è un’occasione per riaffermare l’autonomia dei cittadini sul territorio. Non è possibile -sempre Bori- mettere in discussione l’esito di un voto, risalente a più di vent’anni fa, ad ogni cambio di legislatura”.

E sulla volontà popolare, che nel primo referendum del 1987 si espresse contro il nucleare, fa quadrato il consigliere di Rifondazione comunista Stufara, che a nome del gruppo consiliare del Prc giudica “inutile, rischiosa e controproducente la scelta del governo di tornare al nucleare a venticinque anni dal referendum che ne sancì la bocciatura. La vulgata che in questi ultimi mesi ha sostenuto il ritorno al nucleare -conclude Stufara- è il maggiore ostacolo allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alla promozione del risparmio energetico, tematiche rispetto a cui il Governo Berlusconi risulta essere totalmente assente; inoltre è del tutto inammissibile che questa decisione, contraria al risultato del 1987, venga presa senza alcuna considerazione delle Regioni, le cui funzioni in materia di governo del territorio vengono di fatto sospese con l'individuazione, a livello nazionale, dei cosiddetti ‘siti idonei’ ad ospitare le centrali e le famigerate scorie”.

 


 

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