classi di immigrati.jpg
ROMA - Sotto l'impulso della Lega Bossiana, che detta i tempi per una escalation sensa fine verso la creazione di una società fortemente intollerante nei confronti dei non italiani, la Camera dei Deputati ha votato ieri sera, a maggioranza, 256 sì, 246 no e un astenuto (poteva mancare il Pilato di turno?!), l'ennesimo provvedimento di sapore razzista: una mozione con la quale si propone la creazione di quelle che in un primo tempo erano state chiamate "classi ponte" e poi, per smussare un po' il significato troppo scopertamente discriminatorio di questo termine, hanno finito per chiamarsi "classi di inserimento". Una terminologia più "delicata", ma solo apparentemente, visto che, con la scusa che i figli degli immigrati, non essendo perfettamente padroni della nostra lingua tanto da "disturbare" l'apprendimento dei pargoli di provata discendenza italiana (pardon, volevamo dire "padana", si tratta in pratica di creare classi riservate interamente ai figli degli immigrati, dove dovrebbero restare parcheggiati almeno fino a che, avendo superato un apposito test, non dimostrino di padroneggiare alla perfezione la lingua di Dante,. Ma serebbe ancora meglio il dialetto locale (bergamasco, meneghino, padovano, fate voi), considerato che, sempre la Lega, va da tempo insistendo affinché agli idiomi del Nord si assicuri un adeguato spazio nelle scuola. C'è da temere che si tratti del primo passo verso il ripristino dei ghetti: il prossimo gradino potrebbe essere la creazione di creare reparti speciali nei luoghi di lavoro, riservati sempre agli immigrati, così da scongiurare "Babeli" pericolose che potrebbero nuocere al buon andamento del ciclo produttivo, per poi passare ai quartieri per immigrati, ferreamente recintati, dai quali uscire solo se muniti di un permesso speciale. La cosa è di una enormità tale che perfino fascisti riconosciuti, come il sindaco capitolino, Alemanno, e la nipotina del Duce, Alessandra, hanno storto la bocca, ritenendo che la creazione di "classi di transizione" rischierebbe di dar luogo a diversità tra gli studenti suscettibili di trasformarli in cittadini socialmente diseguali». Alemanno è arrivato addirittura a chiedere «un confronto con il mondo del volontariato, l'associazionismo cattolico e con tutti coloro che operano nel campo dell'istruzione e immigrazione» e la Polverini, segretaria nazionale dell'Ugl, il sindacato di destra, sostiene che «L'idea di ghettizzare bimbi immigrati in classi differenziate è contraria alla filosofia di integrazione degli stranieri che il sindacato persegue e che dovrebbe essere alla base delle politiche per l'immigrazione di questo Paese». Più che dirlo a noi, dovrebbero però farlo capire ai loro amici e camerati. Anche autorevoli esponenti della Chiesa sono assolutamente contrari. «Va bene preoccuparsi della conoscenza della lingua dei bambini stranieri, ma separarli poi da quelli italiani, non è la strada giusta». Lo ha detto monsignor Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan. Per capire meglio l'enormità di ciò che ci è stato proposto, provate ad immaginare con l'avremmo presa noi italiani, popolo di emigrati solo ancora pochi decenni fa, se in Svizzera, Francia, Germani, Stati Uniti o altrove in Europa e nel mondo, avessero istituito classi speciali riservate unicamente ai figli dei nostri lavoratori, con la scusa di insegnare loro il francese, il tedesco, l'inglese o quant'altro. Giustamente nessuno a mai pensato a questa possibilità e i nostri connazionali, pur coi loro limiti linguistici, si sono fatti ugualmente onore guadagnandosi faticosamente rispetto e considerazione. I loro figli hanno ugualmente imparato a padroneggiare la lingua locale ed oggi occupano nelle rispettive società posti di assoluto rilievo, alla guida di imprese, nelle facoltà universitarie più prestigiose, nel mondo delle arti e della cultura. Giustamente, quindi, il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ha parlato di un «atto di inciviltà verso tutti i bambini, siano essi figli di immigrati o di italiani». «Una divisione così netta tra bambini che parlano l'italiano e coloro che non lo parlano ancora correttamente richiama gli aspetti bui dell'apartheid», ha aggiunto il leader della Cgil, giudicando «questo atto non solo l'ennesima dimostrazione dell'intolleranza razziale che caratterizza la destra al governo, ma anche la conseguenza della devastazione contenuta nei provvedimenti sulla scuola: i tagli previsti dalla riforma Gelmini determinano, infatti, l'impossibilità di seguire adeguatamente tutti i bambini nelle loro specificità». «L'educazione interculturale - ha concluso - rappresenta il profilo qualitativo della scuola moderna e ha bisogno di luoghi unitari di conoscenza e confronto e non di separazione». Condividi