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PERUGIA - Presentazione, questa mattina nella Sala d’Onore della Giunta regionale, a Palazzo Donini, del Rapporto Economico e Sociale 2007 sull’Umbria, a cura dell’Aur (Agenzia Umbria Ricerche. L’intenzione, dopo il Rapporto dello scorso anno finalizzato a studiare “L’Umbria nell’Italia mediana”, è ancora quello di capire di più e meglio le articolazioni interne del funzionamento dell’economia e della società regionale nel suo insieme, in una fase di complesse e continue trasformazioni del contesto nazionale, europeo e mondiale e di cogliere così “peculiarità e direzioni” di quel “cambiamento di pelle” dell’Umbria che appare il principale punto di approdo dell’analisi che da più punti di vista si sono sviluppati in questo ciclo di studi. Ne è emersa – come ha efficacemente sintetizzato nel suo intervento introduttivo il presidente dell’Aur, Claudio Carnieri - una società regionale “in movimento, con ritmi e velocità diverse all’interno” che rinviano ai caratteri del sistema delle imprese, al modello di specializzazione produttiva prevalente nella regione, alla dinamicità di quei “fattori immateriali” che oggi sempre più caratterizzano lo sviluppo e, più in generale, alle forme e ai modi con i quali dall’Umbria, ci si sta confrontando con i cambiamenti del mondo. Nelle dinamiche della produzione è emerso, con più forza rispetto al passato, il ruolo e il peso delle “medie imprese”, capaci di innovazione e di internazionalizzazione, ancor di più dopo un triennio nel quale l’andamento dell’export umbro è stato positivo. Più in generale, in quella stessa direzione, sono andati gli indici del Pil e del Valore Aggiunto. (con un particolare supporto dei “servizi avanzati”) che, nel complesso, hanno caratterizzato l’Umbria, nel lungo ciclo degli anni 2000, con “performances” superiori alla media nazionale e di molte altre regioni e circoscrizioni del centro-nord. E tuttavia la “collocazione del fatturiero negli equilibri dell’economia regionale”, dopo venti anni di grandi trasformazioni, appare, anche nel confronto con le altre regioni, in una “dimensione critica” e tale dal dovere aprire una discussione. La prospettiva infatti di un’economia regionale a “debole apporto manifatturiero” è carica di rischi. Le questioni della produttività , della remunerazione del lavoro, dei rapporti con la ricerca, si presentano dunque come snodi essenziali, anche in un progetto teso a conseguire una, eventuale, “nuova espansione” di questa parte fondamentale dell’economia regionale. Anche le prospettive del modello sociale dell’Umbria, ancor di più degli orizzonti del “federalismo, sono e saranno sempre più connesse ad una maggiore produzione di ricchezza e ad una elevazione dei redditi” senza la quale, gli attuali equilibri, potrebbero, in futuro, essere attraversati da non poche tensioni critiche. L’analisi ha dato testimonianza infatti di quanto complesso sia ormai l’impasto sociale dell’Umbria, della sua differenziazione e gerarchizzazione e dei percorsi materiali per i quali passa anche una sofferenza sociale importante, pur in una comunità segnata da forti politiche pubbliche e da diffusi servizi. E l’Umbria qui dovrà confrontarsi e continuare quel “processo di cambiamento di pelle” di cui più volte si è parlato e di cui il “Rapporto” dà ancora una volta conto per i diversi aspetti che lo distinguono. Oggi che le esportazioni sembrano aver conquistato in Umbria un nuovo peso e ruolo, oggi che i servizi avanzati sembrano muoversi nelle direzioni giuste, oggi che taluni nodi da aggredire sono diventati più chiari e uniformemente condivisi (ricerca, reti di imprese, innovazione, internazionalizzazione, finanza) e taluni caratteri critici dell’accumulazione regionale hanno più spazio per essere affrontati (remunerazione del lavoro, produttività). Di qui il peso che avrà sul futuro dell’Umbria “il carattere delle politiche economiche nazionali”, la loro possibile “qualità espansiva”, soprattutto in direzione di una “mercato interno”, segnato da nuove possibilità di spesa delle famiglie e da un aumento dei salari. Torna qui anche la sfida per la cifra più generale della qualità istituzionale dell’Umbria: le “connessioni tra istituzioni e sviluppo”, in direzioni ben lontane da ogni dirigismo, quanto consapevoli della portata ardua della sfida e di quanto giovi, non solo ai cittadini, ma anche al sistema delle imprese, avere classi dirigenti colte e competenti, capaci di stare “dentro la sfida”. Questo ci è sembrato il “centro” del “Patto per lo Sviluppo”. Questo ci sembra il cuore di quella strategia generale che ci piace definire come “globalizzazione dell’Umbria”, una frontiera volta a guardare la trasformazione della identità umbra dentro le frontiere della civiltà contemporanea. Non è impresa né spontanea né da affrontare ciascuno per proprio conto. Se un risultato ci sarà, sarà un risultato d’insieme. Condividi