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Nella giusta battaglia della magistratura perugina contro dirigenti, politici e imprenditori edili che avrebbero creato un gruppo di potere per spartirsi gli appalti provinciali, rischia però oggi di pagare il conto non tanto chi ha sbagliato ma i lavoratori delle aziende coinvolte. E tutto questo per una decisione della Procura che congela per otto mesi l'accesso ai bandi pubblici - magari stavolta finalmente puliti - le società edili e stradali presunte colpevoli dell'Appaltopoli della Provincia. In mille rischiano il posto di lavoro, tra indotto e dipendenti a stipendio, per questa decisione della Magistratura che conseguente, c'è da dire con onestà, a presunti illeciti di una gravità inaudita. I posti erano stati tenuti a galla anche dopo il commissariamento delle aziende chiesto e ottenuto dalla Procura. Ora di fatto si va a chiudere i rubinetti. Il settore edile in Umbria sta vivendo un momento di grande incertezza e difficoltà: per via della crisi dei mutui e soprattutto per una gestione degli stessi imprenditori discutibile, senza programmazione ed estremamente aggressiva del territorio umbro. La sentenza della Procura sul blocco dell'accesso agli appalti pubblici ha mosso anche la rabbia dei sindacati, preoccupati per i livelli di occupazione. "Ogni sentenza va rispettata, ma quella che sancisce l'interdizione per otto mesi dagli appalti pubblici delle aziende commissariate dopo il cosiddetto scandalo di 'Appaltopoli' lascia sconcertati": a sostenerlo sono Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil dell'Umbria. "Se il commissariamento delle aziende coinvolte era stato un provvedimento pesante, preso per la prima volta in Italia, aveva comunque garantito una continuita' produttiva e quindi salvaguardato, almeno finora, i livelli occupazionali. Ora invece si sancisce di fatto la completa interruzione di ogni attivita' per queste aziende, visto e considerato che esse operano esclusivamente nel settore stradale, attraverso appalti pubblici in tutta Italia. Pertanto un provvedimento di questa natura prefigura per i circa 1.000 dipendenti diretti (ma con evidenti conseguenze anche su tutto l'indotto che ruota attorno a queste aziende) il venir meno del rapporto dilavoro in essere". Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil denunciano dunque quello che "potrebbe essere un colpo letale per un settore che in Umbria sta gia' attraversando una fase di forte difficolta'. Siano accertate le responsabilita' e vengano puniti in maniera esemplare e severa i veri responsabili - affermano Fillea, Filca e Feneal - ma non si metta ulteriormente a repentaglio la tenuta sociale di una regione gia' alle prese con crisi di dimensioni allarmanti". Anche il capogruppo di Rifondazione Comunista, Stefano Vinti, ha espresso perplessità sul provvedimento, pur auspicando di scoprire eventuali illeciti. "Il Compito della politica in questo momento è quello di salvare i livelli occupazionali delle aziende travolte dallo scandolo Appaltopoli. Non si può far pagare i lavoratori per le colpe dei padroni. La magistratura non può essere al di la del bene e del male in queste situazioni: si deve scindere tra l'azienda che sbaglia e quella invece che deve produrre per mantenere famiglie". Condividi