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Solo sull'antifascismo si può fondare una religione civile in Italia, e solo da quel punto può partire una narrazione condivisa che ancora manca al nostro Paese. L'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti accetta il confronto con Gaetano Quagliariello sul tema della Resistenza in Italia, in giorni di fuoco per le polemiche che non hanno risparmiato nemmeno il Colle. Ospite dell'ultima giornata della Summer School di Magna Carta, a Frascati, l'ex leader di Rifondazione sceglie di non entrare direttamente nel dibattito politico, ma non risparmia stoccate agli esponenti di centrodestra, a cominciare da Gianfranco Fini, e rilancia l'antifascismo come asse portante dell'Italia repubblicana contro chi ne tenta la "messa fra parentesi". "Penso che l'antifascismo - esordisce Bertinotti davanti al pubblico 'non amico' ma amichevole - sia il fondamento dell'unica possibile religione civile di questo Paese e possa contribuire in maniera determinante a una narrazione che racconti e raccordi la storia, non a una memoria condivisa che è un'espressione che trovo grottesca. Va messo a fuoco il vizio antico e mortale che ha portato al fascismo e rispetto al quale l'antifascismo non costituisce solo un antidoto negativo, ma una Weltanschauung". Una visione del mondo che "non nasce dall'Aventino, ma ha le sue radici nella resistenza e nell'opposizione al fascismo nascente. E' una questione di popolo, non di forze politiche. Lì, nelle forze che hanno riconosciuto il fascismo da subito, prima delle elites intellettuali, c'è la culla dell'antifascismo". Poi, c'è la resistenza del ventennio, quello che ha dato vita alla costituzione democratica, "che è il farsi fisico dell'antifascismo. La Resistenza - osserva Bertinotti - ha degli incunaboli, che sono le lettere dei deportati e dei prigionieri, e un libro, che è la Costituzione repubblicana". Carta che "non è solo un compromesso tra diverse culture, ma il loro trascendimento che solo in un momento magico si può realizzare". Certo, ammette Bertinotti sollecitato da Quagliariello, "va allargato il concetto di antifascismo, in modo da includere anche gli anticomunisti che per troppo tempo ne furono esclusi". L'importante è comprendere che l'antifascismo "non finisce": "Non è vero - avverte - che simul... simul, che dove finisce il fascismo finisce anche il suo antidoto: l'antifascismo è una promessa di futuro". Quagliariello ci tiene, però, a sottolineare che "l'antifascismo non può essere l'unica trama della narrazione" e a segnalare la "differenza" tra il fascismo e gli altri regimi autoritari, pur non risparmiando la critica contro ogni "regime illiberale", e puntando il dito contro il "provincialismo culturale" di molta critica che non ha permesso di vedere la Grande guerra tra le cause comuni delle dittature europee. Un'impostazione che non muove dalla "volontà di edulcorare il giudizio" e condivisa, ma solo in parte, dall'ex segretario del Prc: "Non sempre - avverte - la categoria del totalitarismo riassume tutti i mali che un potere può produrre. E' interessante per misurare la distanza dalla democrazia, ma la produzione di male può trascendere dal totalitarismo". Poi, Bertinotti si lascia andare a un'autocritica, non tanto su quello che la sua generazione è stata, "perchè penso che avevamo ragione", ma "perchè abbiamo usato l'antifascismo in modo sbagliato. Ogni volta che lo si restringe in un obiettivo politico - ammonisce - lo si impoverisce. Bisogna riportarlo al tempo dell'ora, separandolo dalla sorte delle diverse famiglie politiche". Infine, una veloce ma pungente analisi sulla situazione attuale, che non risparmia qualche frecciatina a Walter Veltroni e la critica aspra al Governo, passando anche per la parabola della Costituzione europea: "la sua messa sotto scacco - dice - è indicativa di questa traiettoria in direzione di regimi leggeri, in cui l'elemento più significativo è la mancanza di opposizione e di alternativa della società, per cui la politica è ridotta alla semplice amministrazione. L'unica competizione - è l'analisi di Bertinotti - è quella per andare al governo, tutti si assomigliano e il regime consente l'alternanza ma non l'alternativa". Avviene in Europa, ma il pensiero va all'Italia: "I parlamenti sono ridotti a governi allargati. Anche la nascita del governo ombra in questo senso - è l'affondo al Pd - è significativo. Si tratta di una democrazia sempre più rattrappita e manomessa". Quanto alla sinistra, il giudizio è lapidario: "Ci sono tante ragioni per cui ha perso. E sono drammatiche, perchè non hanno a che fare con il momento ma con la storia" Condividi