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di Stefano Vinti* Il decreto legge approvato dal governo lo scorso 1 settembre, rappresenta un pericoloso attacco alla scuola pubblica italiana, che, se confermato, produrrà gravissimi danni a bambine e bambini, famiglie e insegnanti. Il provvedimento prevede, infatti, una riduzione dell’orario di lezione, portato a sole 24 ore settimanali, la reintroduzione del maestro unico e l’eliminazione del tempo pieno, una delle più avanzate conquiste pedagogiche e didattiche del nostro paese. Ad una scuola educativa e formativa che accompagna bambine e bambini nell’arco di tutta la giornata, rappresentando un fondamentale sostegno per tante famiglie il Governo sostituisce un sistema selettivo e generatore di ulteriori disuguaglianze sociali. I primi pesanti effetti di queste scelte li vedremo in particolare sulle donne, costrette ad abbandonare il proprio posto di lavoro, con conseguenze non solo sul piano professionale e dei diritti, ma anche sul reddito famigliare. Il decreto determinerà inoltre un evidente arretramento dal punto di vista qualitativo del sistema scolastico, privando la scuola pubblica statale del contributo di insegnanti specializzati e tagliando importanti servizi come la mensa e la frequenza pomeridiana. E chi sostiene che tali servizi verranno coperti dai comuni, dice una doppia falsità: in primo luogo perché non tutte le amministrazioni locali saranno in grado di coprire tali costi; in secondo luogo perché questi ripieghi saranno comunque soltanto forme di parcheggio per bambini, con un basso livello di assistenza e nessun valore educativo. L’attacco agli insegnanti del Sud e il ripristino del voto in condotta e del grembiulino, non sono stati quindi che la premessa estiva di un progetto più ampio di dismissione del sistema scolastico, così come è stato costruito negli ultimi quarant’anni. Con questo decreto il disegno si fa sempre più palese, puntando al vero obiettivo di fondo: la riduzione dei docenti della scuola pubblica statale e la svendita dell’istruzione al mercato (cooperative e scuole private in testa), con cospicui risparmi utili a sostenere le politiche demagogiche e securitarie del governo Berlusconi, dal taglio dell’ICI ai militari nelle città. *Segretario regionale umbro Prc Condividi