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Silvio Berlusconi conclude la settimana di mobilitazione contro il governo Prodi con una serie di proposte choc che smentiscono, ribaltano e rovesciano – con la nonchalance che è gli consueta – gran parte delle dichiarazioni e dell’operato da lui svolto nelle ultime settimane. La spallata non c’è stata, il governo ha superato agevolmente lo scoglio del voto alla Finanziaria al Senato, nessun senatore ha abbandonato l’Unione, Berlusconi si ritrova a dare i numeri delle firme raccolte (quanto mai poco verificabili) e a prendere schiaffi da tutti i suoi alleati. Tutto questo lo abbatte? Lo scalfisce? Neanche per sogno, il giorno dopo è pronto a rilanciare sulla politica: sì al confronto con Prodi e Veltroni sulla legge elettorale, da una parte, scioglimento di Forza Italia in una nuova soggettività politica, dall’altra. È il grande ritorno al populismo delle origini, quello che nel ’93 lo lanciò in politica, insieme ad una strizzata d’occhio alla marea montante dell’antipolitica. Si poteva già intuire dal linguaggio degli ultimi giorni, quando il Cavaliere definiva il Senato e la battaglia sulla Finanziaria descritto come l’ennesimo “teatrino della politica”, abissalmente lontano dalla gente, e che diviene manifesto ora con la proposta del partito del popolo e delle libertà. La nuova casa per Forza Italia, i circoli di Dell’Utri e della Brambilla, di Giovannardi (forse) e di pochi altri, visto che Fini, Casini e Bossi hanno già detto di no all’idea del cavaliere. Berlusconi non si scoraggia. Sarà il partito più vicino al popolo, governato dal basso (forse si è accorto che la democrazia in FI non è così ampia e diffusa, e soprattutto operativa), con meccanismi di selezione delle classi dirigenti direttamente scelti dalla base. Si tratta della risposta del centrodestra al Partito democratico, con una accentuazione nella ricerca del rapporto diretto tra leader e iscritti/elettori che ha sempre affascinato il populismo berlusconiano. Berlusconi ha sempre manifestato profondo interesse per l’idea di un partito liberale di massa, cosa che è mancata nella storia del nostro Paese. Ma Forza Italia è populista nel suo leader; il partito lo ha forgiato a partire dalla sua azienda, Mediaset, e poi ha inglobato notabili e potenti ex Psi, ex Dc, ex Pli. E così se nel “comitato centrale” le idee del leader sono dogma, e anche la prassi, sui territori le cose sono molto differenti. Basta vedere in Umbria, dove i dirigenti di FI sono ben poco propensi ad un rapporto diretto con il popolo, per storia politica e tradizione. Sono più confindustriali, che non amanti dei bagni di folla. Però fa bene Berlusconi a provarci. E questo tentativo deve parlare anche a noi della sinistra. Perché siamo noi che siamo alla ricerca di una nuova “connessione sentimentale” con il popolo. E di fatti la proposta di Berlusconi non fa altro che convincerci ancora una volta che la risposta al populismo e alla deriva dell’antipolitica la possiamo trovare nella rappresentanza degli interessi delle classi sociali disagiate e subalterne (i precari, pensionati, il lavoro dipendente), nella crescita e diffusione della politica partecipata, nella costruzione di una forte soggettività politica unitaria della sinistra. Questa sì popolare, e non populista. Aspettiamo, dunque , gli stati generali della sinistra dell’8 e 9 dicembre, ma continuiamo a lavorare in Umbria con il Tavolo unitario della sinistra. Condividi