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Il 60% degli italiani nella denuncia dei redditi non dichiara come deve essere destinato il prelievo dell’8 per mille. Le opzioni previste sono: Stato, valdesi, avventisti, assemblee di Dio, ebrei e luterani. Lasciando in bianco la destinazione il denaro non verrà destinato allo Stato, come sarebbe logico dedurre, ma alla chiesa Cattolica, che raccoglie circa il 35% delle preferenze. Il 90% dell’otto per mille, quindi, grazie a questo meccanismo “di voto fiscale”, così come definito da Curzio Maltese nel suo libro “La Questua”, va in tasca alla Cei. Ma come funziona negli altri paesi? In Spagna dove è in vigore un ordinamento concordatario fra Stato e Chiesa le quote non espresse del “cinque per mille” rimangono allo Stato. In Germania lo Stato organizza la raccolta dei fondi per i cittadini che possono (e non devono) scegliere di versare l’otto o il nove per mille alla Chiesa cattolica, luterana o ad altri culti. I cittadini italiani, invece, “sono costretti, volenti o nolenti, consapevoli o meno a contribuire pecuniariamente non a qualsivoglia culto ma ad uno solo” afferma Maltese. Una bizzaria, un’anomalia, una grave lacuna nella democrazia italiana pare essere tale meccanismo. Lo Stato, tuttavia, in 18 anni dalla sua introduzione non si è mai premurato di informare i cittadini italiani, non una parola, né uno spot. E perché i cittadini italiani non devono sapere? si interroga il giornalista. L’unica spiegazione che riesce a fornire è che sapendo, gli italiani, si guarderebbero bene dal lasciare in bianco la destinazione dell’otto per mille. “In Italia, il libero contributo al sostentamento del clero, per quanto esentasse, non tocca in media i venti milioni di euro all’anno” scrive Maltese, circa 40 centesimi a testa se si divide per 50 milioni di italiani, il numero di cattolici fornito dalla Cei. “L’ipocrisia in un Italia cattolicissima - dove il clero con le libere donazioni morirebbe di fame – è diventata una specie di dogma” scrive Maltese. Una dimostrazione della volontà degli italiani è data anche dall’esperimento “5 per mille” che destinava la quota dello 0,5 per cento dell’Irpef alla ricerca e al volontariato. “Nel primo anno hanno aderito il 61% dei contribuenti contro il 40% scarso dei “votanti” per l’otto per mille” informa Maltese. Ora dopo il restyling della finanziaria del 2007, il 5 per mille è stato ridotto di fatto ad un 2 per mille. Manovra effettuato da un governo di sinistra. Ma se parlare della contraddizione tra un “popolo a forte vocazione cattolica” e la sua scarsa propensione ad elargire alla Chiesa cattolica contributi volontari è un tabù in Italia, esiste una circostanza ancora più sconosciuta all’opinione pubblica: “Con una mano lo Stato dunque regala 600 milioni di quote non espresse alla Cei e con l’altra sottrae 150 milioni di quote espresse a favore di onlus e ricerca nella stessa pagine del 730!” Scrive Maltese. La cattolica Livia Turco propose nel 1996 di destinare l’8 per mille a progetti per l’infanzia povera. Ma il “cassiere” pontificio rispose che “lo Stato non doveva fare concorrenza scorretta alla Chiesa”. Così terminò il dibattito, riferisce Maltese. Peccato, visto che l’Italia è il paese continentale con la più alta percentuale di povertà infantile. Condividi