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GERUSALEMME - Padre (Abuna) Ibrahim Faltas, parroco dell’unica comunità parrocchiale di Gerusalemme, 5 mila 500 cristiani che convivono con 800 mila ebrei e 200 mila musulmani, parla volentieri dell’Umbria. L’occasione gli viene data dalla presenza di una delegazione della nostra regione in questi giorni in Palestina, che gli ha fatto visita alla Parrocchia “San Salvatore”, nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme. I mass media diffusero in tutto il mondo il nome e le immagini di Padre Ibrahim, quando a Betlemme, da Custode in Terrasanta, si ritrovò, dal 2 aprile al 10 maggio 2002, involontario protagonista nella drammatica vicenda dell’assedio israeliano alla Basilica della Natività, dove si erano rifugiati 240 palestinesi. Oggi, trasferito nel 2004 a Gerusalemme come parroco, o “Abuna”, dell’unica parrocchia latina della “città santa”, Padre Ibrahim Faltas è impegnato in una gran quantità di progetti sociali, soprattutto per i giovani. E proprio per rispondere alle esigenze dei giovani, è nato il progetto di Beit Hanina, un quartiere cristiano di Gerusalemme, sorto negli Anni Settanta per ospitare le tante famiglie cristiane, che non disponevano di una abitazione. Accanto alle abitazioni, fu costruita anche una chiesa, intitolata a San Giacomo. Adesso – ricorda Padre Ibrahim alla delegazione umbra in visita al quartiere - sono più di 600 le famiglie che vivono a Beit Hanina, e l’impegno prioritario è quello di aiutare a farne crescere i figli in un ambiente, dove sia possibile sfruttare tutte le opportunità. La nuova situazione creata dal Muro divide famiglie, separa villaggi da scuole e ospedali, allontana gli agricoltori dai campi. E dunque bisogna creare – dice l’Abuna - un luogo di aggregazione, dove i giovani trovino spazi adeguati alle loro esigenze, soprattutto in questo momento in cui i problemi del disagio giovanile si stanno aggravando, compreso un problema della droga che – sottolinea Padre Ibrahim – è enorme nella Città Vecchia. La risposta è la costruzione, a Beit Hanina, di un centro giovanile, che si aggiunge alle 42 abitazioni realizzate dalla Custodia di Terra Santa. I lavori sono cominciati da appena qualche mese, ma già la nuova struttura (un moderno edificio a tre piani) si mostra in tutta la sua fisionomia: intitolata a Giovanni Paolo II, sarà inaugurata il 30 marzo prossimo. Accompagnando la delegazione umbra a visitare il cantiere, Padre Ibrahim è fiero di mostrare la futura destinazione dei locali: “Qui – dice - ci sarà una caffetteria, là una pizzeria, qui ci sarà il ping pong, lì uno spazio per giocare a ‘squash’ ed anche uno per la pallacanestro”. “L’Umbria – dice il parroco di Gerusalemme – ci ha aiutato molto nella realizzazione dei nostri progetti, a cominciare dai tempi dell’adozione a distanza di bambini di 20 comuni di Betlemme, e contiamo che ci aiuti anche in questa occasione. Il nostro centro giovanile ha una grande importanza, perché favorisce un’aggregazione, una dimensione comunitaria dove lo stare insieme diventa motivo per conoscersi, per misurarsi, all’interno di un progetto che è sportivo-spirituale, con le proprie potenzialità e i propri limiti”. L’accordo di Annapolis sulla questione israelo-palestinese? “Serve per cominciare un dialogo, e questo va bene perché se non c’è il dialogo c’è il disastro – risponde Padre Ibrahim -; era così anche nei lunghi giorni dell’assedio alla Basilica della Natività: quando si riusciva a parlare, si stava meglio, quando c’era il silenzio e la chiusura, tutto precipitava di colpo. E l’accordo di Annapolis ha questo di buono, che per la prima volta mette sul tappeto tutti i problemi della Palestina nella sua integrità”. A chi si chiede perché mai l’Umbria (come altre Regioni) dovrebbe aiutare i Palestinesi, invece che occuparsi delle cose di casa propria, Padre Ibrahim dice che “la Palestina è tutt’altro che lontana dall’Europa”, e che “l’Italia rappresenta la coscienza dell’Europa in Terra Santa”. Aiutare i Palestinesi – aggiunge – è dunque “un obbligo morale e non solo, perché se ci sono problemi qui, si sentiranno anche in Italia, perché la globalizzazione non riguarda solo il mercato, ma anche i problemi del mondo”. “Lo scopo del nostro centro giovanile – aggiunge padre Ibrahim – è quello di dimostrare ai ragazzi che i luoghi di guerra e di grande sofferenza possono rinascere come luoghi di autentico dialogo e condivisione. Dimostrare cioè che è possibile – conclude l’Abuna della Parrocchia “San Salvatore” di Gerusalemme – educare alla pace, e sperare contro ogni possibile speranza”. Condividi