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Venti luglio 1969, l’uomo sbarca sulla luna. Venti luglio 2008, Michael Stipe e soci sbarcano per la seconda volta a Perugia. Diciannove anni dopo Rockin’ Umbria. In dodicimila ieri sera all’Arena, compattati e pressati, per ascoltare la più grande macchina sforna ritornelli d’America, tornata in tutta la sua grandezza dopo alcuni anni di buio artistico. Diciannove anni dopo il repertorio è di quelli sterminati e il risultato sono due ore secche di un concerto non scontato, un tappeto sonoro cucito con le hit da leggenda senza disdegnare molti momenti lenti, introspettivi (su tutti la splendida “Night swimming”) e brani vecchi se non vecchissimi che qualche fan neanche ricordava. Le pietre sulle quali è costruito questo monumento dell’alternative rock americano. L’unico esemplare sopravvissuto di una stagione d’oro, quella del Paisley underground, metà degli anni Ottanta. Un periodo in cui a molti venne la voglia di recuperare vecchi sound come i jingle jangle in stile Byrds e le sonorità alla Velvet Underground. Il prisma attraverso il quale riflettere tutto era quello della psichedelia. Green On Red, Dream Syndicate e Rain Parade alcune tra le band più influenti di quel movimento. I Rem, almeno fino al terzo album, sono questa roba qui. Rapid Eye Movement, un nome, appunto, che fa molto psichedelia. Dopo, solo loro hanno raggiunto il grande pubblico riuscendo a dare vita a serate come quella di ieri. Ma dove sta il segreto, il grimaldello per cercare di capire il perché questa band faccia cantare, ormai, più di una generazione? Sicuramente il fatto di essere tutti e tre grandi strumentisti. Mike Mills al basso, come ha dimostrato ieri sera, ci mette molto del suo, mentre Buck alla chitarra inventa poco o nulla ma fa sferragliare alla grande la sua Rickenbacker con teutonica precisione. E poi c’è la meravigliosa e malleabile voce di Michael Stipe. Un vero e proprio strumento che spesso si fonde con la musica stessa e che Stipe manovra con timbri che hanno un solo scopo, ovvero quello di emozionare chi ascolta. Un poeta lirico, il dandy metropolitano smilzo e affascinante che si presenta al suo pubblico con un abito bianco molto elegante. Il dono, e questo è un altro dei perché del successo della band, di saper raccontare splendidamente ma con estrema semplicità le cose della vita, i rapporti umani, la politica, lo stranimento da ventunesimo secolo. Così come ci riescono quegli altri giganti che rispondono al nome di Radiohead. “Living well is the best revenge”, l’inno che apre l’ultimo album (eseguito quasi per intero), è la canzone scelta per dare il la al concerto. “Man on the moon”, e non poteva essere altrimenti vista la coincidenza di date di ieri, il gran finale. In mezzo il dandy smilzo, i suoi sodali e l'ABC del rock suonato senza effetti speciali da quasi trent'anni. La folla (compreso il sindaco Locchi con signora e il segretario della Cgil Guglielmo Epifani anch’esso con signora) sfila via con calma. Qualcuno dei reduci delle prime file è ancora in trance: “L’ho toccato…non ci credo”. Cala il sipario sulla trentacinquesima edizione di Umbria Jazz. Dal 2009 si aprirà una fase nuova: Umbria Jazz archivia le strutture che hanno governato il festival e avvia, con il proprietario del marchio (la Regione Umbria) e con gli altri soggetti, una “riflessione sul futuro”. L'intenzione e' quella di garantire la continuita' al festival rispondendo in modo adeguato alle esigenze poste dalle dimensioni, dalla complessità organizzativa, dal budget, dai rapporti con gli sponsor, dalla peculiarità dello show business ai grandi livelli, dalle politiche di comunicazione, dalle relazioni internazionali. Umbria Jazz riparte da 35 anni di successo; il festival non è mai stato in buona salute come adesso per popolarità, affidabilità, risonanza mondiale; è un festival sano economicamente. E' un festival che restituisce un forte indotto economico ed è testimonial dell'intraprendenza, della capacità progettuale, della fantasia creativa di una piccola grande regione. Lo hanno ricordato nella conferenza stampa conclusiva di ieri (incassi che hanno superato il milione di Euro, 50 mila i paganti, 400mila le presenza complessive; 350 artisti, 300 concerti, 3 palchi all'aperto, musica nei teatri, concerti gratuiti e a pagamento come all'Arena Santa Giuliana) i massimi vertici di Associazione e Fondazione, da Renzo Arbore, a Carlo Pagnotta, al direttore generale Stefano Mazzi che hanno stilato un bilancio dinanzi a numerosi giornalisti (per l'edizione 2008, 160 gli accreditati con i fotografi, numerosi da paesi stranieri, anche dall'Estonia, Finlandia, Serbia e Turchia), presenti il sindaco del capoluogo Renato Locchi, la presidente della Regione Maria Rita Lorenzetti, l'assessore alla cultura Silvano Rometti “Per l'Associazione Umbria Jazz si chiude una edizione di successo e insieme alla edizione 2008 del festival, si conclude una fase. Non è la prima volta: Umbria Jazz ha già attraversato, in passato, fasi diverse - ha detto Mazzi - affrontato processi di modifica e ristrutturazione, ripensato formule e strutture”. Uno dei capisaldi di questo ripensamento sarà il rifacimento dello stadio Santa Giuliana. Come scritto ieri, l’Arena quest’anno non ha spesso fatto registrare numeri da Arena. In più, va detto che è una struttura che per dieci giorni costa la bellezza di quasi 500mila euro. “Anche qui – ha detto il sindaco Locchi – servono certezze”. Per questo l’impianto cambierà volto, verrà adeguato, diventerà una struttura fissa. "Lo stadio è del ’36, oggi non ha più ragione di essere con il Curi e le tante piste di atletica. Noi lo adegueremo in modo stabile e duraturo per Umbria Jazz". Il nuovo impianto avrà un parte fissa e altre flessibili, e dopo Umbria Jazz sarà a disposizione di tutte le grandi manifestazione culturali per spettacoli e concerti d’estate. L’inverno, invece, spazio per giardini e aree verdi. 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