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La nuova ondata cinematografica fa infuriare la destra. Un’ improvvisa rinascita del cinema italiano, dopo mezzo secolo di stasi, ha generato un acceso dibattito politico, con la rinascente destra italiana che ha attaccato la nuova ondata di film perché mostrano al mondo solo il ”cuore oscuro” del paese. Il successo, al recente Festival di Cannes, de Il Divo, diretto da Paolo Sorrentino, e Gomorra, con la regia di Matteo Garrone, entrambi sotto i 40 anni, sono stati giudicati dai critici come la prova del ritorno del cinema italiano ai giorni di gloria degli anni ‘40 e ‘50. Entrambi i film, che trattano in modo diverso i problemi della corruzione endemica e della mafia, stanno riempiendo le sale. Il Divo, che prende in esame la storia spesso travagliata del dopoguerra in Italia, attraverso la carriera di Giulio Andreotti, primo ministro per sette volte, ha vinto il Grand Prix di Cannes; Gomorra, una forte e violenta rappresentazione della vita a Napoli sotto la camorra, la mafia locale, ha vinto il Premio della Giuria. “Sono due film gemelli, due bambini nati dallo stesso grembo, con un tema comune: ciò che si nasconde dietro la facciata di una democrazia occidentale”, ha detto Sergio Castellitto, un attore che ha fatto parte della giuria di Cannes. Lo sceneggiatore Giancarlo De Cataldo ha lodato la nuova ondata di registi di cinema e di teatro per non avere paura di rappresentare l’Italia come un paese “immobile e reazionario”, colmo di criminalità e corruzione e gravato da “oscuri misteri” del passato. Garrone e Sorrentino hanno seguito le orme dei grandi registi italiani del passato come Roberto Rossellini, Federico Fellini e Luchino Visconti. I film sono arrivati in un momento di profonde divisioni nella politica italiana. Il nuovo governo di destra, guidato da Silvio Berlusconi - che serve il suo terzo mandato all’età di 71 anni - sta cercando di attribuire i problemi dell’Italia all’immigrazione illegale, i rom e la mafia. Ma la realtà, come illustrata dai nuovi film, è che non solo la classe dominante, ma anche molti italiani sono complici di un sistema corrotto.“A volte è necessario il male per avere il bene,” Andreotti dice ne Il Divo, “Questo Dio lo sa. E lo so anch’io.” Per Luca Barbareschi, noto attore italiano e ora deputato del centro-destra, tutto questo è oltraggioso. Gomorra e Il Divo sono film di qualità, ha riconosciuto, “ma per ogni film di questo tipo dovremmo esportarne altri dieci che mettono in buona luce il nostro paese. Invece siamo solo bravi a mostrare al mondo il nostro lato oscuro. E’ una sorta di autoflagellazione”. Anche lo stesso Andreotti, ora 89enne, si è infuriato per il film Il Divo, nel quale è interpretato dall’attore Toni Servillo - che in Gomorra è anche un capo mafia. “Questo è troppo”, è stato udito nel corso di una proiezione privata a Roma - nel punto in cui il film lo mostra “confessare” il suo coinvolgimento in una serie di scandali. Essi comprendono l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, che si presume stesse per rivelare i legami tra l’onorevole Andreotti e Cosa Nostra; l’impiccagione del ”banchiere di Dio” Roberto Calvi, sotto Blackfriars Bridge a Londra, dopo la bancarotta fraudolenta della sua banca che aveva legami col Vaticano; il rapimento nel 1978 e il successivo assassinio, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro , un leader cristiano democristiano che vedeva favorevolmente l’entrata dei comunisti al governo; l’uccisione di Salvo Lima, il braccio destro in Sicilia dell’onorevole Andreotti; e l’incontro di Andreotti con il padrino Totò Riina dove, stando alle testimonianze di alcuni pentiti di mafia, i due si sono scambiati un “bacio d’onore”. Sorrentino ha detto che ha lavorato alla produzione de Il Divo nonostante i molti “ostacoli”, che gli sono stati messi dai “numerosi potenti tuttora molto grati ad Andreotti”. La carriera di Andreotti, devoto cattolico noto anche come Belzebù, il Papa Nero, la Volpe, il Gobbo e il Principe delle Tenebre - come il suo personaggio ironicamente osserva nel film - cominciò a vacillare nel 1990, quando la Democrazia Cristiana implose per una serie di scandali. Il suo tentativo di diventare Presidente (della Repubblica, N.d.T.) fallì, mentre crebbero le accuse di rapporti con la loggia massonica illegale P2 e la mafia. Fu processato per i presunti legami con la mafia e il coinvolgimento nell’uccisione di Pecorelli, ma alla fine fu assolto. Rimane senatore a vita e figura influente. Garrone ha detto che anche lui ha avuto problemi durante la realizzazione di Gomorra, basato sul bestseller di Roberto Saviano che tratta della camorra a Napoli. La storia mostra come i clan della mafia operano in settori come la droga, l’alta moda e il redditizio smaltimento dei rifiuti - la causa principale della crisi della spazzatura a Napoli - ma anche come la mafia permea la vita quotidiana di una città, un tempo magnifica, ora in rovina. Membri della camorra hanno persino cooperato alla creazione del film, permettendo a Garrone di usare lo sfondo della vera Scampia e facendo raccomandazioni sui dettagli. “Non ho avuto problemi con la camorra, anche se è stato come girare in una zona di guerra,” ha detto il regista. Ma ha aggiunto che il pessimismo di Gomorra e Il Divo è una coincidenza. “Non è che ci siamo incontrati e abbiamo deciso di guardare l’Italia da una certa prospettiva quest’anno,” ha detto all’Hollywood Reporter. “Credo che i film di qualità tendano a riflettere la situazione corrente.” In ogni caso, superato lo shock iniziale, c’era la sensazione che quello che davvero importa è che il cinema italiano sia tornato alla ribalta. Sandro Bondi, Ministro della Cultura e presente alla proiezione di Cannes, ha detto che sebbene Il Divo e Gomorra fossero film scomodi da guardare, hanno segnato “la rinascita di un cinema italiano forte e impegnato, con registi magistrali.” Il governo Berlusconi, ha dichiarato, sta lavorando per contrastare i mali che questi film descrivono. Anche Andreotti e’ venuto a patti con Il Divo, ritirando le sue accuse che gli artefici fossero “canaglie maliziose” e ha anche confessato che gli piacciono abbastanza le scene in cui lui dice a un giornalista che il vero esercizio del potere è “più complesso” di quanto semplici giudizi su “bene e male” suggeriscano. E ha aggiunto: “Per chiunque faccia politica, l’ essere ignorato è peggio che l’ essere criticato”. articolo originale di Richard Owen,pubblicato Sabato 14 Giugno 2008 sul Times Online Condividi