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PERUGIA - Il piano triennale sui servizi all’infanzia rappresenta un significativo passo avanti nella reale attuazione della legge regionale n. 30/05 ed, unitamente al Progetto caratterizzante del Patto per lo sviluppo, l'innovazione e la coesione sociale inserito nel DAP 2007-2009, definisce e mette a fuoco la situazione del settore e le azioni da attivare per ottimizzare il servizio. Da un'analisi dei dati relativi alla erogazione del servizio, si evidenzia però che in Umbria, a fronte di 22396 bambini compresi nella fascia di età 0-3 anni, solo il 18,18% (4073) del totale sono accolti negli asili nido, a cui si aggiunge una quota di bambini accolti nelle varie tipologie di servizi all'infanzia, per un totale che non supera il 24,79%, distante dall' obiettivo del 33% fissato dall'UE, per il 2010, nel consiglio di Lisbona. Si può inoltre osservare che la distribuzione di asili nido nel territorio è a macchia di leopardo. A fronte di Comuni in cui sono sufficientemente diffusi, ve ne sono altri – anche di notevole dimensione – in cui gli asili nido pubblici sono totalmente assenti ed i servizi all'infanzia sono solo di tipo privato. Si rileva così una debolezza strutturale nell'organizzazione del servizio, a cui andrebbe rivolta particolare attenzione sia per la delicatezza dell'età dei soggetti a cui è rivolto, che per il supporto che può offrire alla famiglia ed alla donna che lavora. Il problema della scarsa occupazione femminile, in Umbria più grave che nel resto del Paese, è infatti,condizionato negativamente anche dalla mancanza di adeguati servizi a supporto dell’infanzia (ma anche degli anziani ed dei soggetti bisognosi di cura) il cui peso ricade quasi totalmente sulla famiglia e quindi sulla donna. Si ritiene pertanto inderogabile un intervento forte della Regione di stimolo e di supporto finanziario affinché anche i più piccoli comuni – magari associati per ambiti territoriali – siano messi in condizione di erogare il servizio. Un secondo aspetto di criticità è rappresentato dalla qualità del servizio, a garanzia del quale si ritiene inderogabile l'utilizzo dello strumento dell'accreditamento (con la sua specifica definizione dei parametri per gli spazi interni ed esterni, cucina, preparazione pasti, servizi igienici, attrezzature, arredi…) e della adeguata formazione professionale – di livello universitario – del personale impegnato. Infine le tariffe, per le quali appare ormai indispensabile procedere ad una omogeneizzazione tra i vari territori della regione sia per quanto attiene ai costi che alle modalità di accesso al servizio stesso. Considerando infatti che le strutture presenti non garantiscono l'accesso a tutti coloro che ne fanno richiesta, si ritiene che debbano essere individuati tutti gli strumenti che - affiancati al modello ISEE per la misurazione della condizione economica - siano in grado di valutare anche la situazione sociale e sanitaria dai quali si possa meglio individuare i bisogni del nucleo familiare secondo un modello condiviso e generalizzato a livello regionale, dando, in ogni caso, precedenza a quelle famiglie in cui anche la donna lavora o è alla ricerca attiva di un lavoro. Pertanto, pur stigmatizzando positivamente l'attenzione posta al problema, la CISL dell'Umbria ritiene che debba essere più incisivamente supportato ed ampliato, con adeguati interventi strutturali e finanziari, il servizio pubblico all'infanzia ed adeguatamente monitorato e implementato l'intervento rivolto alla qualificazione del servizio privato destinando a questo obiettivo, unitamente a quello della riduzione delle rette, parte delle risorse regionali derivanti dalla manovra fiscale aggiuntiva del bilancio 2008 della regione Umbria. Condividi