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Roberto Musacchio, tu guidi gli eletti di Prc-Sinistra europea all'Europarlamento. Per iniziare a parlare di crisi della sinistra in una cornice non ristretta ai confini nazionali, come giudichi quest'ultimo terremoto politico in ambito europeo: la caduta a minimi storici del Labour nelle amministrative britanniche? La sconfitta del Labour conferma che non c'è solo il problema della sinistra alternativa, in Europa. Anche quella moderata conosce problemi grandissimi. Naturalmente il Labour paga la scelta della guerra: ed è bene. Ma il dato politico di fondo e di prospettiva mi pare inequivocabile: anche in Gran Bretagna si va a destra. E voi che siete la rappresentanza parlamentare residua di Rifondazione, dopo la scomparsa da Montecitorio e Palazzo Madama in Italia, come affrontate questo scenario europeo, insieme ai rappresentanti degli altri partiti "affratellati"? Voglio dire prima di tutto che, come unico gruppo parlamentare rimasto, siamo totalmente a disposizione del partito, delle compagne e dei compagni tutti. E del movimento. Come abbiamo fatto già in questi anni, vorrei aggiungere, perché il nostro fondamentale terreno di lavoro è stato quello del provare a costruire un nesso costante tra l'iniziativa in Italia e la dimensione europea. Come, scusa? Perché nella vicenda politica italiana, segnata dalla parabola del governo Prodi, si dev'essere un po' perso… Guarda, abbiamo cercato di farlo costantemente: solo per esempi, nella battaglia contro la direttiva Bolkestein, sull'acqua come bene comune, contro l'offensiva per generalizzare la Flexicurity e anche su alcune grandi vertenze del lavoro. E poi sul decreto di allontanamento dei rumeni e sulle ordinanze dei sindaci leghisti, in generale sulle lotte dei migranti. Agli atti. Ma a parte questo bilancio di tentativi, nel gruppo europeo si è discusso della frana elettorale in Italia, vero? Abbiamo fatto una discussione nel Gue (il gruppo a Strasburgo della Sinistra unita europea, a sinistra del Pse, ndr), a mio parere di qualche importanza per chi come noi ha puntato tanto sulla Sinistra Europea. Oltre a molta solidarietà, si è aperta una riflessione che parte dal fatto che molti altri hanno attraversato o attraversano la nostra situazione. Parli del Pcf, o mi sbaglio? Il Pcf è stato sconfitto essendosi presentato con il suo simbolo storico e stando all'opposizione; pur dando poi un segno di ripresa nelle municipali. Ma lo stesso scacco ha subito Izquierda Unida in Spagna, che è una formazione molto diversa, costituita su un modello federativo e che alle elezioni ci è arrivata scontando invece una subalternità a Zapatero. D'altra parte, a suo tempo, in Germania, prima del lancio della Linke, anche la Pds restò fuori dalla rappresentanza: ed è un caso ancora differente. Per questo la riflessione attraversa tutti, al di là della migliore o peggiore situazione elettorale contingente di ognuno. Bene: nel dibattito italiano è emerso il tema dello "spiantamento" della sinistra, di uno sradicamento dai consensi che passa per una perdita di efficacia e di sintonia presso i soggetti sociali. Mi pare di capire che il tema è europeo, quanto meno… Ecco: perché, come si verifica questo spiantamento? Intanto c'è da constatare che il voto utile, nello scenario europeo, è un dato ricorrente: lo hanno raccolto Zapatero come la candidata socialista sconfitta alla presidenziali francesi, Royal. Loro, prima di Veltroni. E in situazioni diversificate. D'altra parte, guardando all'orizzonte generale di avanzata delle destre, solo Zapatero in Spagna va controcorrente: ma vince per una sua particolarità nel "socialismo europeo", caratterizzandosi sui diritti, come giustamente ha sottolineato Aldo Garzia sulla rivista «Alternative». Altrove, dalla Francia all'Italia ed ora in Gran Bretagna, senza dimenticare la Germania dove Schroeder esaurì il suo ciclo di governo portando la Spd a subire la Grande Coalizione sotto la cancelleria Merkel, le destre confermano in un Paese dopo l'altro una spinta vincente. Quindi il problema investe in pieno le sinistre che perseguono un'alternativa di modello sociale, ma coinvolge anche quelle moderate o addirittura neo-centriste. Rilancio: e perché mai? Il punto di analisi fondamentale è che la sinistra è posta di fronte ad una sua difficoltà estrema ad esprimere identità coniugandola con l'efficacia. E la discussione di cui parlavi, in ambito di sinistra d'alternativa europea, abbozza qualche risposta a questa perdita di spazio politico? La discussione è proprio su quale spazio politico si dia, nell'Europa liberista. Alcune forze arretrano su un asse tra identitarismo e ritorno alle politiche nazionali. La Sinistra Europea lavora invece proprio sull'ipotesi di affrontare i problemi su scala continentale. E' in questo ambito che si muovono forze interessanti come la Linke, che oggi segna un controtendenza importante tra i grandi Paesi dell'Ue. E ci sono anche il Blocco di sinistra in Portogallo e il Synaspismos, che rilevano tendenze di crescita. Queste, sono tutte formazioni caratterizzate da una forte innovazione, politico-culturale e delle forme organizzative. Dove vanno a parare questi esempi? Voglio dire: qual è allora la direzione che dovrebbe prendere quest'innovazione d'una sinistra d'alternativa? E perché sinora non si è affermata come una chiave generale, condivisa e influente sulle dialettiche politiche "locali", cioè nazionali? Il punto è come agire concretamente a livello europeo, cosa che non siamo ancor riusciti a fare. Ed era questo il tema del congresso di Venezia del Prc, ma anche di quello del Partito della Sinistra Europea. Ambiente, lavoro e diritti passano per un conflitto europeo. In una Europa, questo è il nodo, che rischia di uccidere la politica e cancellare la sinistra. E non è questione di adattamento, in senso moderato: lo dimostra la stessa crisi socialista. Un'Europa dove, contemporaneamente, rispetto al frangente di crisi della globalizzazione si rivelano nuove risposte di destra, da Sarkozy a Tremonti. Ripeto: la scelta di fondo è agire sulla dimensione europea per costruire da lì l'alternativa politica. E' uno dei temi che ha stabilito il massimo punto di contrasto con quella che è stata fin qui la minoranza del Prc: la scelta, che abbiamo perseguito, di costruire la Sinistra Europea e di agire a quel livello con i movimenti e nella critica alla globalizzazione. A proposito, nel Prc va avanti il dibattito precongressuale: tu cosa pensi, sulle opzioni d'un confronto su tesi o d'una dialettica fra documenti contrapposti? Vedi, l'intervista di Ramon Mantovani pubblicata proprio ieri da Liberazione mi conferma che serve misurarsi su documenti alternativi che non separino cultura politica e linea politica. Non trovo nelle parole di Mantovani qualcosa che ci aiuti ad affrontare i problemi che abbiamo. Ha un modo di fare battaglia politica che io non condivido. E quale sono i termini d'un dissidio così generale, adesso, su quello che dice Mantovani - il quale mi pare ha contribuito negli anni scorsi a quella stessa linea di ricerca e di costruzione della Sinistra Europea? Parla di atti irreversibili che avrebbe fatto il gruppo dirigente. L'unico atto irreversibile che vedo è la rottura di una maggioranza che aveva il mandato del congresso, quello di Venezia appunto. E quindi l'accordo, che egli ha condiviso, con quelle compagne e quei compagni che per anni lui stesso ha chiesto di contrastare per i loro indirizzi politici internazionali. E ora ci accusa di avere compiuto una "scelta socialista", quando siamo a costruire il partito della Sinistra Europea alternativo al Pse. Non capisco perché lo faccia. Condividi