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di JOSÉ VIDAL-BENEYTO Silvio Berlusconi, già capo del Governo in precedenti occasioni, vincitore assoluto di questo comizio e uno degli uomini più ricchi d’Italia, così come la sua coalizione di forza autodenominata Popolo della Libertà, si proclamano liberali e democratici e allo stesso tempo si comportano come i loro massimi acerbi antagonisti. Da subito, integrano nella coalizione Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, ereditaria del fascismo italiano, che si onora di una nipote del duce e affida ad una militante come l’avvocata Giulia Buongiorno, difensore di Giulio Andreotti nei due processi in cui lo accusarono per associazione mafiosa, la cartella di Ministro della Giustizia. Riservano poi il Ministero degli Interni a Roberto Maroni, che è il numero due della Lega Nord, il cui ultranazionalismo regionale ha nel suo presidente, Umberto Bossi, il portavoce più efficace, che non si e’ preoccupato di dire che la misura più efficace contro l’immigrazione illegale sono i mitragliatori, che Roma è una ladrona e che “la pulizia etnica deve cominciare dai gay”. Gianni Letta, il braccio destro di Berlusconi, vigilerà dalla vicepresidenza, o da una posizione centrale analoga, che è un dispositivo che non solo controlla la politica, ma che addirittura occupa tutto lo spazio della società. Oppure, per dirlo con le parole di Franco Rositi, uno dei più acuti esperti sociali italiani, queste elezioni sono servite per smontare lo Stato di diritto in Italia, condizione necessaria per sottometterlo alla volontà politica del Governo, che è precisamente l’antiideale liberale. Questa politicizzazione totale dell’azione pubblica, estesa a tutti gli spazi societari, coincide inoltre con il minimo del prestigio della politica, come provano l’esito de Il Caimano, parodia burlesca che Nanni Moretti ha dedicato a Berlusconi, e alla straordinaria notorietà ed influenza del umorista politico Beppe Grillo, il cui blog, centrato sulla critica della politica, è uno dei più visti al mondo e la cui chiamata del V-Day, giorno del Vaffa, mobilitò più di 20 milioni di persone in 20 città d’Italia. Quando questo straordinario impresario, ripetutamente processato e in alcune occasioni condannato, la cui compatibilità con la Mafia messa in rilievo nella sentenza a nove anni del suo intimo collaboratore Cesare Previti e in quella di Dell’Utri, co-fondatore di Forza Italia, raggiunge il suo obbiettivo di conquistare la presidenza della Repubblica si sarà comportato con lo Stato italiano come prima si è comportato con la televisione e avrà chiuso gloriosamente il ciclo dell’assoluta privatizzazione della politica, attraverso l’assoluta politicizzazione del privato. Ciò è possibile perché la Repubblica (come Res Publica) non esiste più nel paese, come sostiene Guido Martinotti, a cui tanto deve l’istituzionalizzazione della sociologia in Italia e nel mondo. Senza lo stampo globale repubblicano; senza la presenza parlamentare dei partiti della sinistra reale, con l’Arcobaleno ridotto a poco più del 3% dal 10% precedente e con i socialisti di Boselli che hanno raggiunto appena l’1%; con una struttura giudiziaria fragile e politicizzata che la signora Bongiorno si incaricherà di tenere a bada; con le imprese docili e volte alla causa del capitalismo puro, al quale, per bocca di Giulio Tremonti, recentemente nominato Ministro dell’Economia, tutti i mali vengono dalla globalizzazione e dal maggio del 68; e con una sfera della comunicazione che si muove solo dalla sua mano è evidente che l’opposizione sarà quasi impossibile. Resteranno solo per liquidare alcuni nuclei intellettuali, però la pulizia delle persone e delle dottrine é già servita. Si annuncia in effetti la revisione dei testi scolastici sulla lotta antifascista con il fine di adattare la memoria storica ai disegni del potere politico. Cari Franco, Eva, Guido, Marino, cos’è successo con le nostre speranze italiane? Da El Paìs del 19.04.08 Condividi