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Intervista a Vanity Fair Aprile 23, 2008 Paolo ferrero ministro di Rifondazione (ancora per poco) attacca la linea perdente del partito unico della sinistra. Ma la disfatta elettorale si spiega solo cosi? “No altri due elementi hanno spinto le tute blu nelle braccia della Lega” Ecco quali sono e come neutralizzarli di Francesco Esposito Da sempre è l’altra anima di Rifondazione Comunista l’uomo che riunisce quello zoccolo duro del partito meno in sintonia con Bertinotti e il segretario Franco Giordano. E’ Paolo Ferrero, 47 anni, ministro della Solidarietà Sociale nel secondo governo prodi, un passato da operaio FIAT e delegato sindacale Fiom-Cgil, che in Italia riunisce gli ultimi “rossi” Nei giorni tumultuosi che seguono la mazzata elettorale che ha cancellato la sinistra Arcobaleno dal Parlamento, lo raggiungiamo per parlare con lui del voto operaio finito alla Lega. Ministro Ferrero, sembra proprio che Cipputi vi abbia tradito. Persino in Mirafiori, uno dei luoghi simbolo della lotta operaia, le tute blu hanno votato a destra. «Non sono d’accordo: non è vero che Cipputi ci ha tradito. Direi piuttosto che la classe operaia si è sentita tradita. Questa gente si aspettava da noi gesti concreti: aumenti salariali per riuscire ad arrivare alla fine del mese, la lotta alla precarietà, la battaglia sulle pensioni. E invece…» Che cosa è successo? «Su tutti questi punti il governo di Romano Prodi qualcosina l’ha fatta ma in dosi così omeopatiche che nessuno si è accorto di nulla. Le forze che compongono il Partito Democratico hanno preferito mediare coi poteri forti piuttosto che con noi. Cosi siamo rimasti schiacciati: o rompere con Prodi o ingoiare il rospo» Forse avreste dovuto rompere… «Forse. Ma non credo che i problemi si sarebbero risolti. Lo dico io che sono stato sempre accusato di litigare troppo » Davvero avrebbe immaginato che un metalmeccanico iscritto alla Fiom potesse votare Bossi? «Nessuno poteva immaginare un disastro di queste proporzioni. Però quello che è successo nel mondo operaio non mi sorprende. Ha una sua logica, una sua razionalità, anche se è terribile» Me la spieghi, allora. «La vittoria della Lega coincide con la sensazione diffusa che la sinistra sia diventata inutile, che non serva. Li ho sentiti con le mie orecchie gli operai all’uscita dai cancelli: “Votare l’uno o l’altro per noi non cambia niente”. Ecco il punto: non siamo riusciti a mostrare la nostra utilità sociale, a difendere i lavoratori, e certo non ci ha aiutato l’ignavia dei sindacati. Per questo le fasce più deboli della nostra società hanno visto una possibilità di miglioramento nella destra. Poi ci sono altri due elementi trasversali». Quali? «Il primo è la paura. In un clima di insicurezza generalizzato, dal posto di lavoro al reddito, dall’economia alla guerra, le gente cerca almeno la sicurezza che può offrire lo Stato: quella della repressione. Insomma, ha vinto la logica dell’ordinanza del sindaco leghista di Cittadella (il provvedimento comunale per gli stranieri che subordinava la concessione della residenza al reddito, ndr). Era un atto che non cambiava la vita concreta della gente, pura propaganda. Eppure a Cittadella la Lega ha fatto il 40%. Perché quando i cittadini chiedono più sicurezza e non trovano una risposta sul fronte politico, si rivolgono a chi usa toni xenofobi e populisti». E il secondo? «Visto che sinistra e sindacati non riescono a difendere i nostri salari, almeno “teniamoci i soldi a casa nostra”. E rivolgiamoci alla Lega che difende la comunità. È una logica da guerra tra i poveri, di difesa dei penultimi contro gli ultimi. La logica della Lega, appunto, che cerca continuamente un capro espiatorio. Dieci anni fa era il meridionale, Roma ladrona e il complotto massonico, Calderoli si sposava con rito celtico e la Padania polemizzava con la Chiesa cattolica. Oggi è l’immigrato, il rom, e Calderoli pascola i maiali sul terreno delle moschee in costruzione. In questo senso la Lega è davvero un fenomeno nazista. » Addirittura? «Non pensi ai forni crematori, ma alla Repubblica di Weimar devastata dall’inflazione, dalla disoccupazione, angosciata dall’insicurezza. La retorica di estrema destra di quegli anni era identica a quella leghista. » E adesso come farete a ricostruire il vostro campo? «Dobbiamo ripartire dalle lotte sociali. Le contraddizioni che esistevano tre mesi fa, quando noi eravamo al governo, ci saranno anche fra tre mesi. Anzi, credo che siano destinate ad aumentare. Berlusconi ha già messo le mani avanti. “Adotteremo misure impopolari”, ha detto. Se riusciremo a costruire una mobilitazione dal basso per l’aumento dei salari, contro la precarietà, la demagogia della Lega verrà alla luce. Il punto, lo ripeto, è ricostruire un’utilità sociale della sinistra» L’Arcobaleno ha un futuro? «A me pare che l’idea di uno scioglimento e di una fusione in un unico partito, quella appoggiata da Fausto Bertinotti, sia sbagliata. perchè seleziona chi partecipa. Oggi invece abbiamo bisogno di allargare la sfera di coloro che possono partecipare al progetto politico della sinistra, senza fare gli esami del sangue. Comunisti, socialisti, ambientalisti, ognuno si definisca come meglio crede. Non è neppure indispensabile avere una tessera di partito: chi fa del volontariato, dal mio punto di vista, fa politica quanto me. Dobbiamo costruire una grande casa della sinistra dove ognuno si senta comodo, una casa rispettosa delle diverse identità, per questo la formula del partito fusionista non mi sembra adatta. Bisogna dare una risposta alla crisi della politica evitando le semplificazioni veltroniane» A proposito di Veltroni… «La sua linea è stata un disastro totale. Lavorare per far saltare Prodi e poi correre da solo ha consegnato la vittoria a Berlusconi e segnato la nostra distruzione». L’ex presidente della Repubblica Cossiga, in un’intervista a Vanity Fair, ha detto di avere qualche timore, perché una sinistra extraparlamentare potrebbe riversare le sue frustrazioni in forme violente… «Penso, al contrario, che nei movimenti l’elemento della non violenza sia largamente dominante. Tutte le manifestazioni degli anni passati sono andate lisce, eccetto Genova, dove però c’è una grande responsabilità delle forze dell’ordine. Certo, molto dipenderà anche da come si comporteranno le istituzioni. Se da oggi chiunque si muove viene identificato come nemico dello Stato, si rischiano brutte derive. Mentre la protesta è il sale della terra, soprattutto da parte di chi non ha una rappresentanza in Parlamento. E credo che insieme alla lotta dei salari l’altro fronte cruciale sia quello dei diritti delle donne». Si riferisce alla legge 194? «Esattamente. La difesa della 194 sarà un fronte caldo nei prossimi mesi. È un tema dove è forte il condizionamento del Vaticano». Sarà, ma non mi sembra che il Vaticano abbia motivo di gioire, visti i risultati elettorali… «Se si riferisce alla lista di Giuliano Ferrara, sappia che non ha mai ricevuto la loro benedizione». Veramente mi riferivo a Casini. «L’Udc di Casini è uscita maluccio dalle urne, ma Ruini può contare su un fronte trasversale che attraversa Forza Italia e il Partito democratico. Bisognerà che le donne si facciano sentire». Condividi