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di Daniele Bovi “Chi è il trombettista? Si direbbe Nat Adderley”. Non era il fratello di “Cannonball” quello che Marcus Miller fece sentire a Miles Davis bensì i primi provini di “Tutu”, l'album dedicato all'arcivescovo sudafricano rivisitato ieri sera da Miller e dalla sua band all'arena Santa Giuliana. Provini che non erano altro che suoni campionati da Miller con dei sintetizzatori elettronici, ennesimi oggetti di innamoramento del divino Miles. Tutti strumenti, per la verità, dai quali il trombettista non cavò mai un ragno dal buco. Gli piaceva però il sound orchestrale che ne veniva fuori, dato dalle pressoché infinite possibilità di programmazione di quelle meraviglie dei primi Ottanta sulle quali si trastullavano, con più risultati, gente come Herbie Hancock (appuntamento per sabato sera all'Arena) e Joe Zawinul. Per arrivare a qualcosa di decente Davis decise di mettersi nelle mani proprio di Miller, il quale aveva due qualità fondamentali: aveva piena conoscenza di quei marchingegni e, soprattutto, era giovane. Il che lo sintonizzava automaticamente, secondo Miles, nello Spirito del Tempo, qualcosa che Davis ha sempre inseguito. Un Miller che, nonostante la giovane età, poteva già vantare partecipazioni nei dischi dei più importanti gruppi fusion e jazz, fino ad essere il bassista di Elton John e Aretha Franklin. Per “Tutu” il bassista e polistrumentista firmò la maggior parte dei pezzi a parte Perfect Way, cover degli Scritti Politti assolutamente dimenticabile. Di conseguenza, il che sta a testimoniare l'enorme stima che Davis aveva di Miller, l'album portava anche la firma del bassista. Onore che era spettato tanti anni prima solo ad un grandissimo come Gil Evans. Ad accompagnare Miller sul palco dell'Arena c'erano Sean Jones alla tromba, Alex Han al sax, Federico Gonzales Pena alle tastiere-synth e Louis Cato alla batteria. La mano destra di Miles, come qualcuno chiama Miller, prende il centro della scena nei 90 minuti di concerto, da “Tomaas” fino a una torrenziale “Tutu” con innesti hard bop che sfiora il quarto d'ora. Spazio per i suoi solisti ce n'è stato in abbondanza. Gravoso, ovviamente, il compito di Sean Jones che ha provato a non far ripiangere il vecchio Miles. La sua tromba sordinata firma con classe i brani (Jones è tra i trombettisti emergenti più apprezzati) e si esalta nel dialogo con Miller. Da lassù il Miles Gloriosus può riposare in pace. Stasera invece all'Arena andrà in scena la chitarra di Mark Knopfler, leader storico dei Dire Straits, per un concerto da tempo sold out. La serata dedicata alla chitarra poi proseguirà all'oratorio Santa Cecilia, dove a mezzanotte continuerà il ciclo di concerti dedicati a Django Reinhardt. Sul palco stasera un trio guidato dal nipote di Reinhardt, David, che suonerà insieme alla seconda chitarra di Richard Manetti e al contrabbasso di Joan Eche-Puig. Condividi