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di Isabella Rossi Il problema dei rifiuti ha una soluzione possibile, concreta e praticabile, si chiama: “rifiuti zero” e significa impegno e coscienza da parte di tutti. Come e perché sia necessario arrivare ad una cultura di “zero waste”, l’ha spiegato Paul Connett sabato scorso al Palazzetto dello Sport di San Sisto a circa 300 persone, durante un incontro dibattito durato fino alla mezzanotte. Sorprendente la partecipazione di tanti ragazzi e ragazze, universitari e non, che hanno sacrificato la prima serata del sabato per ascoltare il professore americano, oramai alla sua 34esima conferenza in Italia. Il professore Connett, docente di chimica alla St. Lawrence University di New York, in quello stile asciutto e lineare che lascia margini anche all’intrattenimento, è riuscito non solo a trasmettere i fondamenti della sua teoria denominata, appunto,“zero waste” ma a catturare l’attenzione della platea per più di due ore. Necessaria, innanzitutto, la distinzione dalla teoria del riciclaggio al 100%. E’ oramai chiaro, infatti, che non basta spingere al massimo il riciclaggio e il compostaggio perché ci sono cose che non possono essere riciclate e quindi non possono essere riutilizzate, secondo Connett. Per queste cose occorre che l’industria si attivi producendo soltanto ciò che è ecostostenibile. La comunità responsabile deve occuparsi del resto: separare i rifiuti riciclabili e la frazione umida che dovranno essere ritirati attraverso la raccolta porta a porta. Secondo Paul Connett, dunque, siamo tutti parte del “problema rifiuti” e dobbiamo perciò attivarci tutti nella misura in cui ci compete. L’industria deve agire sugli imballaggi e sulle confezioni e una buona leadership, fatta da politici lungimiranti, può e deve incoraggiare questo processo con la partecipazione attiva dei cittadini. Il vero nemico dell’approccio sostenibile, secondo Connett, è proprio l’incenerimento, completamente insostenibile. “Un incenitore vicino ad Assisi!” Impensabile per il docente americano. Inquinerebbe drasticamente tutta l’area intorno, non solo esponendo gli abitanti alle dannose emissioni di polveri sottili, ma privando anche tutti i turisti, che ogni anno vengono in visita alle spoglie di San Francesco, dell’aria salubre e tersa tanto cara al santo frate. Dal 1985 al 1995 negli Usa sono state sconfitte 300 proposte di inceneritori. E un motivo ci sarà se a riciclare si sono messe città come San Francisco Los Angeles, Chicago, Seattle, Halifax e Toronto. La buona notizia è che anche l’Italia si sta muovendo. Centinaia di comunità locali, piccole e medie, hanno adottato il metodo della raccolta differenziata porta a porta, con successi enormi. Nel Comune di Capannori, in provincia di Lucca, nel mese di febbraio si è toccato quota 60%. Un risultato, questo, che è stato reso possibile grazie anche all’estensione della raccolta “porta a porta” nelle frazioni centrali del territorio e che ha permesso di superare l’80% a Capannori centro. Treviso ricicla al 76% ma va a Novara, 100mila abitanti, la medaglia del record assoluto: 70 % di riduzione in 18 mesi. E se il riciclo incalza, grazie alla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini italiani, ci sono ancora realtà come quelle di Brescia, dove l’inceneritore è costato 300 milioni di euro e la società che lo gestisce ha ottenuto un finanziamento di 71 milioni di euro, attraverso i cip6, cioè con la tassazione, secondo l’Europa illegale, delle bollette di erogazione di energia a carico dei cittadini italiani. “I vostri amministratori” ha detto Connett, “invece di visitare i distruttori di risorse, gli inceneritori europei e giapponesi, dovrebbero cominciare ad andare a vedere i sistemi adottati là dove le risorse sono recuperate veramente. Sarei più che disponibile a metterli in contatto con luoghi, itinerari e persone da incontrare in California.”. Non solo il drammatico aumento dei tumori sarebbe in relazione all’inquinamento ambientale causato dalle nanoparticelle ma proprio gli alti livelli di inquinamento da particolato aumenterebbero il rischio di infarto. Il 90% delle ceneri prodotte si depositano ed importanti studi francesi testimoniano l’incremento del tasso dei tumori nei cittadini che abitano nei pressi di un inceneritore. Le nanoparticelle possono attraversare le membrane dei polmoni e arrivare direttamente al sangue, e una volta nel sangue attraversare la membrana di ogni tessuto. Aggregati di piombo, cromo, ferro e silicio raggiungono così anche il cervello. “Il dottor Veronesi ha sostenuto davanti a milioni di italiani che ci sono zero rischi per le nanoparticelle” ha commentato Connett, “secondo me dovrebbe scusarsi.” Se non si mette fine a questo uso inconsapevole e dannoso delle risorse c’è un rischio immediato, dunque, e uno prossimo secondo il docente: “Noi, così, stiamo rubando il futuro dei nostri figli.” E finchè non si otterranno risposte alle importanti domande formulate dai ricercatori proprio sulle nanoparticelle, secondo Connett, gli inceneritori non si devono utilizzare. La conferenza è stata organizzata dal Comitato Cittadinanza Attiva Ambiente e Legalità. Il prossimo incontro con Paul Connett si terrà a Capannori il 26 e il 27 aprile. Condividi