Piogge intense ma non eccezionali hanno nuovamente messo in ginocchio il Paese e anche la nostra regione costringendo all’immediato intervento di Protezione Civile e Vigili del Fuoco per monitorare le situazioni più a rischio, contenere i danni ed evitare eventuali eventi tragici.
In Umbria, ancora in massima allerta per i prossimi giorni, si cominciano già a contare i danni e i disagi diffusi in tutto il territorio regionale: smottamenti, allagamenti, dissesti e problemi vari alle scarpate stradali, danni alle colture a causa dell’esondazione del Tevere e delle piene di tutti gli altri fiumi umbri.
"Va riconosciuto che rispetto al 2005, considerando che i valori raggiunti in questo evento risultano poco discostanti - dichiara Marco Pippi della segreteria regionale di Legambiente Umbria e responsabile acque - il sistema idraulico del Tevere in linea generale ha funzionato meglio, e questo grazie alla bontà di alcuni interventi eseguiti in questi ultimi quattro anni (individuazione di casse di espansione naturali sui fiumi Chiascio e Tevere, manutenzione idraulica meno distruttiva eseguita direttamente dalla Provincia di Perugia sui fiumi Tevere, Chiascio e Nestore, oltre che su molti corsi minori; maggior monitoraggio sullo stato idraulico), ma soprattutto grazie ad un maggior coordinamento delle regimazioni dei vari bacini che insistono sul Tevere (Montedoglio, Umbertide, Villapitignano Ponte San Giovanni, Corbara) monitorati dal Centro Funzionale della regione Umbria. Questo ha contribuito a contenere gli effetti di laminazione dell'ondata di piena".
I problemi invece rimangono sempre gli stessi. Maldestri interventi di bonifica idraulica e cattiva gestione delle fasce ripariali che trasformano un corso d'acqua in un canale non costituiscono certamente la migliore soluzione per il contenimento dei rischi e dei dissesti. Senza dimenticare le tante infrastrutture e i tanti interventi urbani realizzati direttamente e che Legambiente da anni denuncia.
I casi più eclatanti a Ponte Pattoli a monte e a valle del ponte, dove sulla destra idrografica insistono una serie di baracche e ricoveri per animali, rimessaggi di mezzi agricoli, con tanto di eternit fatiscente come copertura.
A Ponte Nuovo di Torgiano tutta l'area "festa di Pontenuovo" con tanto di strutture in cemento e stata realizzata in area sondabile e immediatamente a valle della luce del ponte sul Tevere in zona sondabile. Sempre a Ponte Nuovo anche il centro sportivo e l’area verde sono stati realizzati in area esondabile mettendoli in “sicurezza” con un argine ma occupando l’arcata del ponte con una piattaforma stabile e non rimovibile per organizzare lo spazio pub per giovani (sempre in periodo di sagra), completa di impianti elettrici e acqua potabile.
Altra situazione più volte segnalata presso l’abitato di Pretola, dove sulla destra idrografica insistono oltre che la nota Tecno Asfalti, tutto il centro sportivo, perennemente sott'acqua in caso di piena, nonostante le protezioni realizzate con soldi pubblici in questi anni: basta pensare che il livello del campo sportivo è quasi pari a quello del fiume! Ma lo stesso abitato di Pretola, in seguito alle arginature fatte negli anni nei tratti di monte, oggi è ad alto rischio di esondazione.
Ad Umbertide invece il più stravolgente intervento che abbia mai subito il Tevere degli ultimi 30 anni dove le sponde per oltre 6 km sono state arginate e cementificate per la realizzazione dell'impianto internazionale di pesca sportiva, addirittura realizzando una strada di servizio dove prima esisteva la struttura spondale.
E’ per questo che Legambiente chiede agli Enti locali, a partire dai Comuni, di creare un’alleanza che coinvolga tutti gli attori in gioco, lo Stato, le Regioni, le Province, le Autorità di bacino, ma anche le associazioni per programmare per tempo gli interventi di prevenzione e difesa da frane e esondazioni.
“La vera emergenza è il superamento della cultura degli interventi post-disastri – dichiara Alessandra Paciotto, presidente di Legambiente Umbria - gli enti gestori del territorio devono fare, infatti, un generale ‘mea culpa’, impostando una gestione organica e sistemica del suolo in tutti i suoi aspetti, urbanistici, ambientali, sociali. E’ questa la vera grande opera pubblica da chiedere al Governo, al posto di dannose e inutili infrastrutture viarie”
E conclude la Paciotto: “Sarebbe opportuno impegnare le copiose risorse che arriveranno per gli interventi ordinari e straordinari e per i danni delle esondazioni per sanare tutte quelle situazioni che hanno reso più fragile il nostro territorio! Prioritariamente occorre delocalizzare strutture, edifici ed attività presenti nelle aree a rischio. E’ fondamentale poi restituire al territorio lo spazio necessario ai corsi d’acqua per permettere esondazioni diffuse e controllate e avere cura del territorio senza realizzare interventi che provochino squilibri naturali ma effettuando una manutenzione mirata e localizzata dove realmente utile e rispettosa degli aspetti ambientali”.
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