Due gradi centigradi, nessun impegno vincolante. Questo sarebbe il topolino partorito dalla montagna di Copenaghen. Il mondo è rimasto a guardare, mentre una politica senza visione del futuro ha barattato il bene comune con gli interessi di bottega. Sono lontani i tempi dei grandi leader, dobbiamo accontentarci del medioevo della politica.
Il fallimento (perchè ostinarsi a chiamarlo accordo non rende merito di quanto è accaduto) rischia di avere conseguenze drammatiche e disastrose per il nostro Pianeta e per gli esseri viventi che lo abitano. Con un'intesa minimalista e che ha lasciato tutti insoddisfatti si è chiuso ufficialmente, dopo 13 giorni di passione, il vertice di Copenaghen.
Un "accordo" così vago che i leader principali sono scappati nella notte lasciando a tutti gli altri delegati a discutere di che cos'era questo accordo.
In un comunicato tutte le nazioni, anche quelle che fino all'ultimo hanno osteggiato l'intesa e che ieri sera gridavano allo scandalo, alla fine hanno «preso atto» che, anche se non sufficiente, il documento passerà comunque alla storia come l'accordo di Copenaghen e servirà da base di lavoro per il futuro.
«Un passo avanti essenziale » ha commentato il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon che ora si augura che a Bonn, prossima riunione, il mini accordo trovi una legittimità rendendo quei vaghi impegni almeno vincolanti.
Che il passo sia in avanti è difficile da credere visto che nell'"accordo" si parla di limite di riscaldamento di 2 gradi quando le stesse Nazioni Unite in un documento lanciavano l'allarme che le previsioni parlano di un riscaldamento superiore a quello che dovrebbe essere il limite!
Deus ex machina di questo papocchio è stato il presidente Usa Barack Obama su cui troppi avevano posto speranza per una vera svolta ambientale. Lo stesso inquilino della Casa Bianca ammette che l'intesa è insufficiente, ma definisce l'accordo strappato in extremis a Cina, India e Sudafrica «un passo in avanti straordinario».
Impotenti davanti a quanto accaduto nella notte ai paesi del sud del mondo e ai rappresentanti della società civile e ai movimenti ambientalisti resta solo l'amaro in bocca. Il giudizio di Greenpeace è apocalittico. L'accordo, ha affermato il Direttore Esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo non è minimamente giusto, ambizioso e vincolante: «Oggi i leader hanno fallito nel salvare il Pianeta da cambiamenti climatici catastrofici: con l'attuale testo il mondo andrà incontro a un aumento di +3°C che mina l'esistenza stessa della nostra civiltà». Ieri sera, racconta Greenpeace, «Copenhagen è stata la scena di un crimine. I responsabili sono stati i primi a fuggire verso l'aeroporto coperti di vergogna. I leader del mondo avevano tra le mani l'opportunità di una generazione che poteva cambiare il destino del Pianeta che sta correndo verso impatti climatici irreversibili».
Nel mirino dell'organizzazione ambientalista è soprattutto Washington. Ma anche l'Europa ha la sua responsabilità: di fronte all'accordo al ribasso proposto dagli Stati Uniti, i leader europei non hanno utilizzato la propria forza politica e negoziale, restando a guardare.
Ad un anno di distanza dalla sua elezione alla Casa Bianca, Barack Obama scende dal piedistallo su cui molti lo avevano messo. A Copenaghen il mondo ha preso atto che non ci sono leader illuminati che hanno la forza di cambiare le cose. Almeno fino ad oggi.
Quei governi che sono stati tanto rapidi e generosi nel correre a salvare gli istituti bancari e finanziari che hanno determinato la crisi economica, hanno bisticciato e perso tempo mentre la nostra biosfera sta bruciando.
Ironia della sorte, i tre attivisti che giovedì notte hanno aperto uno striscione all'interno del Gala Dinner dei capi di Stato, dovranno trascorrere tre settimane in carcere lontano dalle proprie famiglie proprio nei giorni di Natale. Non c'è dubbio che loro sono stati dei veri 'leader', mentre i politici che hanno lasciato Copenhagen sui propri jet privati sono i perdenti.
Dopo il flop di Copenaghen, Kyoto resta senza futuro e, se non si correrà ai ripari convocando una conferenza straordinaria delle Nazioni Unite entro la prima metà del 2010, tutto il complesso sistema dei vincoli, dei controlli internazionali, dei commerci di quote di emissione e dei programmi di assistenza tecnologica ai Paesi in via di sviluppo, rischiano di essere cancellati.
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