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di Isabella Rossi Il business degli inceneritori a recupero energetico, a cui la politica ha assegnato il nome di termovalorizzatori, è antieconomico. Non sono solo i Verdi, Rifondazione, Sinistra Democratica o i cosidetti ambientalisti a stabilirlo. La verità emerge da una constatazione dei fatti. Per rendere appetibile la gara per l’inceneritore di Acerra, alla quale partecipavano tra gli altri i francesi della Veolia, e i bresciani della A2A, il governo Prodi ha emanato un’ordinanza urgente “per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania” in cui si dispone che “gli impianti di termodistruzione o di gassificazione, che saranno realizzati nel comune di Acerra, Santa Maria La Fossa e nella provincia di Salerno, usufruiranno delle agevolazioni tariffarie per la vendita di energia elettrica di cui al provvedimento CIP6/ 1992” in deroga ai vincoli della finanziaria 2007 e ai limiti della finanziaria 2008 che ponevano precise condizioni contro l’estensione dei finanziamenti, in un’ottica di soppressione definitiva entro il 2015- 2021. Ma l’emergenza rifiuti può stravolgere quello che il Parlamento ha espressamente deciso di non ripetere, e cioè di dirottare le risorse per le energie rinnovabili verso gli impianti di incenerimento? La borsa ha già espresso il suo parere positivo a questa operazione facendo volare i titoli di quelle società che dovrebbero occuparsi della gestione dei nuovi inceneritori finanziati a forza di Cip6. Tuttavia la volontà della borsa può trovarsi in contrapposizione con gli interessi dello Stato o della intera Comunità Europea e come ha affermato Tommaso Sodano, presidente della Commissione Ambiente del Senato, “Non puo’ passare un provvedimento del Presidente del Consiglio in aperta violazione delle norme nazionali e comunitarie”. Una truffa ai danni dei cittadini la definisce Sodano, ma nel frattempo gli italiani saranno ancora costretti a finanziare l’incenerimento, quello stesso da cui scaturiscono emissioni di polveri sottili, secondo importanti associazioni di medici, direttamente responsabili dell’aumento di tumori nella popolazione italiana. Si gioca, oramai, a carte scoperte. Senza i finanziamenti pompati nel business - nel 2006 circa tre miliardi di Euro - attraverso la tassazione degli Italiani, l’incenerimento sarebbe destinato a dichiararsi antieconomico e ad essere sostituito da una gestione del ciclo dei rifiuti capace di stare sulle proprie gambe senza attingere a risorse che non le competono. Come sembra in grado di poter fare la raccolta differenziata spinta – ad esempio attraverso il porta a porta -, l’unica per ora che sembra avere tutte le carte in regola per tutelare l’ambiente e ripagare i costi creando anche valore aggiunto attraverso il riciclo. Finché i Cip6 continueranno ad alimentare il business verranno a mancare importanti finanziamenti all’energia prodotta dalle fonti rinnovabili, disincentivando una produzione fondamentale non solo per l’Italia ma per tutto il pianeta, in ottemperanza con gli accordi di Kyoto. E non solo, la questione dell’impatto ambientale degli inceneritori costituisce un capitolo aperto come ha anche dimostrato la vicenda dell’ASM di Terni e necessiterebbe, a livello istituzionale, di maggiori chiarimenti e verifiche di quelle sinora affrontate. Condividi