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ROMA - Carcere a vita per Giorgio Giorni: i giudici della prima sezione penale della Corte di cassazione hanno confermato stasera la condanna all'ergastolo inflitta il 20 settembre 2006 dalla Corte di assise di appello di Perugia all'imprenditore edile di Sansepolcro, accusato di aver violentato e ucciso, nell'aprile del 2004, la piccola Maria Geusa, morta a due anni e sette mesi a Città di Castello. La Corte ha quindi accolto le richieste del sostituto procuratore generale della Cassazione Giovanni Palombarini che, a conclusione della sua requisitoria di oggi, aveva chiesto la conferma della pena a vita nei confronti del piccolo imprenditore edile, di 36 anni. Per il Pg Giorgio Giorni era pienamente consapevole che le violenze perpetrate su Maria avrebbero potuto condurre alla morte della piccola vittima e per questo non solo “la sanzione della condanna all'ergastolo non merita alcuna censura” ma - ha detto – “l'imputato non merita alcuna concessione di attenuanti, nemmeno quelle per il preteso soccorso prestato alla piccola accompagnandola all'ospedale, perché era costretto a fare questo”. Respinta, quindi, anche l'ultima carta tentata dai legali di Giorni, gli avvocati Giovanni Aricò e Giancarlo Viti, che, in 55 pagine di ricorso, avevano chiesto l'annullamento della sentenza di secondo grado. La piccola Maria Geusa il 5 aprile del 2004 arrivò in fin di vita all'ospedale di Città di Castello tra le braccia dello stesso Giorni, datore di lavoro del padre della bambina, Massimo Geusa, e amico di famiglia. A consegnargli Maria quella mattina era stata la madre della bimba, Tiziana Deserto, 32 anni, nata a Manduria (Taranto), condannata il 24 novembre del 2007 dai giudici della corte d'Assise di Perugia a 15 anni di reclusione (tre condonati) per il concorso nell'omicidio della figlia e nella violenza sessuale subita dalla bambina. Al suo arrivo in ospedale Giorni disse ai medici che Maria era caduta mentre giocava ai giardini pubblici. Le lesioni riscontrate subito dopo il ricovero, però, apparvero subito incompatibili con la tesi della caduta e con il passare delle ore si fece largo il sospetto che la piccola avesse subito violenze sessuali. La bambina morì il giorno successivo dopo essere rimasta in coma irreversibile per l'intera giornata. Fermato dai carabinieri Giorgio Giorni ammise di aver picchiato Maria, affermando di essere stato preso da una sorta di raptus perché la bimba non smetteva di piangere, ma ha sempre respinto l'accusa di violenza sessuale sulla piccola. Secondo i periti nominati nel corso del processo la piccola Maria è morta per lo “Shaken baby sindrome”, ovvero la sindrome del bambino scosso. Acausare il suo decesso sarebbero stati i violenti scossoni subiti. Nella sua requisitoria anche il sostituto procuratore generale della Cassazione, Giovanni Palombarini, aveva chiesto la conferma del verdetto con una requisitoria che dolorosamente aveva ripercorso le violenze subite dalla piccola “indifesa e fragile, di fronte ad un uomo alto due metri”. In Cassazione, come parti civili, si sono costituiti il padre e i nonni della bambina, e il Telefono Azzurro. Condividi