di Isabella Rossi
Raffaella Giordano, tra le fondatrici del teatrodanza italiano, ufficialmente nato nel 1985 con “Il cortile” della compagnia Sosta Palmizi (da cui si è ricostituita nel 1995 l’associazione Sosta Palmizi), ha presentato venerdì scorso al Teatro Cucinelli di Solomeo: "Quore". Lo spettacolo che nel 2000 le valse il premio speciale Ubu.
Parrucche di ispidi capelli gialli si alternano isteriche agli occhiali da sole. Donne in ciabatte o in abito da sera. Corpetti male agganciati ed isteria demenziale di grida meccaniche. Riso e pianto, scarpe e fiori di plastica sparsi sul pavimento. Un ventaglio che sventola su “calori addominali”. Desiderio inappagato che provoca bestialità grottesche. Quattro personaggi, come altrettanti movimenti della psiche. Si muovono, incalzati da pulsazioni crescenti o isolati da improvvisi “scollegamenti”. Contemporaneamente assenti o in eterno bilico tra farsa e tragedia mentre fuori, tutto il resto, è solo vuoto da riempire. Il disordine è l’unica vera legge del cuore. Lo è nei “dettagli di superficie”, nei gesti di quotidianità aliene. Lo è perché principio generatore di tensione e vita. Lo è in senso ontologico, in quanto creatore di distinzioni fra corpo e mente, e stati della mente. Raffaella Giordano è coreografa ispirata e attenta. Ha capitalizzato la lezione di Carolyn Carlson e la danza espressionista di Pina Bausch, e in trent’anni di attività è la freschezza a caratterizzare lo stile unico delle sue coreografie. In loro si consacra la magia del teatrodanza, della liberazione del corpo dall’intermediazione del pensiero. Definitivamente emancipato da ogni vincolo linguistico il corpo guida il pensiero riuscendo ad intrecciare, nel gesto, il dialogo profondo con la psiche. Un dialogo che in “Quore” è poesia.
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