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di Isabella Rossi Si aggrava la posizione dell’uomo pachistano, residente a Foligno, accusato di omicidio aggravato per aver ucciso il primo ottobre 2008 Marjana Puscasu, una romena di 34 anni, con 24 coltellate. Nel corso del suo stesso esame, avvenuto ieri nella prima udienza del processo, l’imputato ha fornito nuovi particolari che hanno fatto scattare subito la contestazione dell’ulteriore capo di accusa: la premeditazione. Ha parlato lungamente, in un italiano a tratti poco comprensibile ma fluente, “Pedro”, questo il nome con cui si faceva chiamare dalla vittima. Quel primo ottobre 2008, come ha affermato lui stesso, da Marjana voleva sostanzialmente una cosa: che ritirasse le denunce a suo carico. Per la verità solo una lo riguardava direttamente, quella per violenza privata e molestie, l’altra per lo strano furto di denaro, 1200 euro sottratti dalla sua borsetta proprio la sera prima che Marjana partisse per la Romania, era contro ignoti. Ashrad avrebbe dovuto stare almeno a 20 metri da Marjana, invece prima di seguirla nella casa di via Mameli quel giorno l’aveva già avvicinata in un supermercato. A fornire informazioni precise sulla dinamica dei fatti sono stati il vice Questore aggiunto del commissariato di Foligno, Bruno Antonini e il sovrintendente Rossano Colamenti, il quale, ha spiegato, conosceva già Mahmood facendo parte dell’anticrimine. E nell’agosto 2008 aveva conosciuto anche Marjana che al commissariato c’era stata per sporgere denuncia contro di lui. Dopo averla uccisa a casa di una donna inferma in via Mameli, Mahmood si è recato al commissariato di polizia. Il corpo e le mani ancora imbrattate di sangue: “la mia amica sta male” ha detto al videocitofono davanti al cancello, in mano aveva una foto che ritraveva lui e Marjana abbracciati. Una volante ha riaccompagnato l’uomo nell’appartamento in cui, disteso a terra si trovava ancora il corpo della vittima. Il coltello di 31 centimetri che quel giorno Mahonood aveva portato con sé, dopo le 24 coltellate inferte a quella che durante tutta la sua deposizione ha proclamato essere “il suo amore”, si era spezzato, una parte era ancora conficcata nel braccio di Marjana. “L’ho ammazzata io” ha dichiarato Mahmood quel giorno ai carabinieri. In aula il suo assassino si è dipinto come un benefattore. L’avrebbe aiutata dopo il trasferimento da Bastia e a mandare denaro a casa, ai suoi tre figli che vivono con il padre invalido in Romania. Inoltre ci sarebbero stati incontri e una costante frequentazione fra i due, prima della denuncia. Ma Mahmood ha riferito anche di ad altre frequentazioni maschili della vittima, fra cui quella con un maresciallo in pensione, nel malcelato tentativo di dipingerla come una prostituta. Completamente diverso è il ritratto che di Marjana fa la signora Loredana Stella, che l’aveva assunta da circa due anni e con regolare contratto come badante per la madre inferma. E riferendo di lei sembra quasi che parli di una figlia. Anche “Pedro” lo conosceva, sapeva che era un amico di Marjana con il quale la ragazza pur avendo un debito di riconoscenza non voleva avere più niente a che fare. “Più di una volta io e i miei familiari siamo dovuti intervenire per farlo andar via” ha dichiarato la signora. Negli ultimi tempi Marjana cominciava ad aver paura di lui, ha riferito la signora Stella. Raccontava di minacce di morte se non fosse tornta con lui. E l’8 agosto ai giardinetti Mahmood ha aggredita Marjana, è intervenuta la polizia e il giorno stesso lei lo ha denunciato. Si è commossa più volte Nicoleta Tanasa, la ragazza di 29 anni badante presso la signora inferma che quel pomeriggio Marjana era andata a trovare in via Mameli. Lei, con le lacrime agli occhi e il terrore dipinto in volto, ha raccontato la scena alla quale ha assistito personalmente: "Mahmood ha estratto il coltello da sotto la camicia e ha inferto su Marjana quattro coltellate". L'udienza riprenderà nel pomeriggio con l'esame dei testi della difesa. Condividi