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ROMA - "Forte preoccupazione per la istituzione delle ronde cittadine" è stata espressa in un comunicato dal Consiglio direttivo nazionale dell'Associazione Sicurezza e Legalità (ASel) alla quale aderisce anche il Comitato per la Sicurezza dei Cittadini e la Legalità di Perugia. Forte preoccupazione perché, si spiega nella nota, "porterebbero alla privatizzazione della sicurezza pubblica e ad un controllo del territorio svolto da non professonisti". Un briciolo di saggezza, a quanto pare, nel mare di esaltazione fanatica e muscolare con la quale altri organismi si sono invece dichiarati a favore di questa "scappatoia" che non risolverà comunque la questione sicurezza nelle nostre città che non può che essere demandata alle istituzioni statali a ciò preposte. L'ASel rfitiene però - ed anche in questo caso troviamo difficile dargli torto - che l'attuale sistema di sicurezza, basato essenzialmente sul Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza approvato nel 1931, non sia più attuale poiché si riferiva ad una società prevalentemente agricola che aveva evidentemente esigenze assai diverse da soddisfare, per cui ricorda di aver elaborato una sua proposta di legge al riguardo, dal titolo "Norme sulla sicurezza civica", che già da tre anni circa è stata consegnata alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. L'associazione punta il dito soprattutto agli aspetti organizzativi che vedono operare sul territorio ben sette forze di polizia (cinque statali e due locali), tutte fornite di lunghe e costose catene di comando. L'unica di queste ad esercitare il suo controllo sull'intero territorio nazionale - osserva ancora - è l'Arma dei Carabinieri, che con i suoi 4.700 comandi è presente dappertutto, come del resto la Polizia Municipale, che svolge però mansioni assai più limitate in questo senso. Tutte le altre sono invece presenti solo in alcune città e località con mansioni, talvolta, solo settoriali. Inoltre, la sovrapposizione di comandi e di uffici, sia per materia che per territorio, penalizza la completa copertura del territorio stesso. La stessa cosa dicasi per l'utilizzo non appropriato del personale che viene perciò sottratto ai propri compiti istituzionali. Tutti questo, assieme al sistema citofonico delle stazioni dei carabinieri, alla parziale copertura oraria del territorio e al dialogo fra cittadini e forze dell'ordine, che va via via scemando, "stanno portando - a parere sempre dell'ASel - la collettività a non essere pienamente soddisfatta della sicurezza pubblica, sì da indurla a farsi suggestionare da altri sistemi di controllo del territorio". Infine, quale ultima carenza, ma non per ordine di importanza, l'ASel indica "la mancata istituzione di un numero unico telefonico per le emergenze in tema di sicurezza". Osservazioni, come abbiamo detto, più che condivisibili e che debbono impegnare tutti affinché alle carenze rilevate si possa al più presto porre rimedio, in uno spirtito però sempre attento al rispetto dei diritti delle persone sanciti dalla nostra Costituzione nazionale. Come pure è senz'altro da condividere il richiamo finale, contenuto nello stesso comunicato, ai compiti che l'ASel ha assegnato sin dalla sua costituzione, nel 2006, ai Comitati che operano attivamente sul territorio, quasi a ribadirne la validità nei confronti, magari, di chi ha un tantino derogato dalla strada che gli era stata indicata con estrema chiarezza. Li riportiamo integralmente: 1) stimolare la partecipazione dei cittadini all'osservazione discreta del territorio, fornendo tempestive notizie e concreta collaborazione alle forze di polizia, alle autorità politiche e amministrative; 2) sviluppare il senso civico di appartenenza, nonché di condivisione dei valori comuni; 3) salvaguardare i rispettivi territori, anche sotto l'aspetto ambientale: 4) sviluppare i momenti di aggregazione sociale per la reciproca conoscenza; 5) incrementare il rapporto sociale e informativo fra cittadini e forze dell'ordine, per il superamento di ogni forma di diffidenza e di isolamento. Condividi