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Eravamo all’inizio dell’estate dell’anno scorso, da poco si era insediato il governo Berlusconi ter ma già pesanti si facevano sentire le prime avvisaglie di una crisi, non più circoscrivibile alla vicenda, tutta americana, dei mutui subprime, ma che ben presto avrebbe coinvolto e sconvolto l’intero sistema mondiale. Lor signori, Tremonti e company, quelli che adesso ci spiegano che avevano già capito tutto, non trovavano di meglio che dar vita ad una manovra finanziaria che blindava i conti pubblici per tre anni, inchiodandola sugli obiettivi di Maaastricht, e, non contenti, operava tagli indiscriminati (la cosiddetta tanto deprecata politica dei tagli lineari), togliendo risorse proprio a quei settori, a partire dalla ricerca, che in tempi di crisi annunciata costituiscono la risposta per uscirne in positivo, l’investimento per il futuro. Poi quando la crisi si è fatta più pesante, ci hanno rassicurato che riguardava solo il settore finanziario, le banche per intenderci, e non certo le nostre, molto provinciali ed assai poco internazionalizzate. Quando anche il sistema creditizio italiano ha iniziato ad evidenziare qualche colpo, nuove rassicurazioni: l’Italia sarebbe stata toccata solo marginalmente da questa crisi, tutta finanziaria, perché il nostro punto di forza era l’industria, il nostro apparato manifatturiero e non i servizi, il terziario avanzato come viene definito in gergo, i colletti bianchi di Wall Street, travolti dalla crisi. E tralasciamo, per carità di patria, le amenità sugli inviti agli italiani a spendere e a consumare e gli appelli del tipo “Noi, governo, abbiamo fatti tutto quello che si doveva, ora la soluzione della crisi sta in mano, e nel portafoglio, dei consumatori italiani”. Da non crederci, ma hanno detto proprio questo. Ora che la crisi sta colpendo l’intero sistema manifatturiero nazionale, crolla la produzione industriale ed aumenta la disoccupazione, hanno la faccia tosta di raccontarci che in fondo non dobbiamo lamentarci, stiamo meglio degli altri. All’uscita del vertice dei G20 di Berlino, il Presidente del Consiglio ha rilasciato la seguente dichiarazione “Lasciatemi parlare per un secondo del nostro paese. La situazione è migliore nel mio Paese rispetto alle difficoltà che ho sentito oggi nel corso del vertice”. Ancora una volta bugie: le cose non stanno affatto così e sono proprio i dati presentati nel corso del vertice di Berlino e sui quali i governanti di tutti i paesi hanno riflettuto, tranne i nostri, evidentemente, a smentire le affermazioni del capo del governo italiano. Per brevità prendiamo in considerazione solo sei indicatori: il Prodotto interno lordo, la produzione industriale, l’occupazione e disoccupazione, deficit pubblico e debito pubblico. Prodotto interno lordo (PIL) : sui 16 paesi della zona euro l’Italia si colloca nel 2008 in penultima posizione con una variazione negativa dell’0,6% (peggio di noi solo l’Irlanda con un – 2,05), per il 2009 le previsioni ci collocano in terz’ultima posizione con un – 2,0% ( peggio di noi Irlanda -5,0% e Germania -2,3%). Produzione industriale: per il 2008 l’Italia segnala un crollo del 14,3% rispetto al -12,0% della intera zona Euro. Peggio di noi solo Spagna, Slovenia, Slovacchia e Finlandia. Occupazione: nel 2008 il tasso di crescita dell’occupazione in Italia è stato dello 0,3%, peggio di noi solo Spagna (-0,7%9 ed Irlanda (-0,9%). Per il 2009 si prevede un calo dell’occupazione dell’1,8%, peggio di noi oltre Spagna ed Irlanda anche la Francia con un -1,9%. Disoccupazione: è questo l’unico indicatore per il quale il nostro paese, con un tasso di disoccupazione atteso per il 2009 nell’ordine dell’8,2%, si colloca a metà classifica tra i paesi dell’euro zona e con un valore inferiore al dato medio dell’area (9,3%). Deficit pubblico: per il 2008 il rapporto tra deficit pubblico (ovvero indebitamento netto della pubblica Amministrazione) e PIL in Italia si attesterà al -2,8%, valori peggiori si avranno solo in Francia, Spagna, Grecia, Malta, Irlanda. Per il 2009 il valore atteso per i conti pubblici italiani è del -3,8%, sopravanzati dalla Grecia e scivolando dall’undicesima alla dodicesima posizione. Debito pubblico: qui è come sparare sulla Croce Rossa, in termini di rapporto tra massa complessiva del debito e PIL l’Italia resta stabilmente nell’ultima posizione peggiorando ulteriormente il proprio risultato tra il 2008 ed il 2009, dal 105,7% al 109,3%. In sintesi l’Italia è agli ultimi posti per quanto riguarda la crescita del PIL, della produzione industriale e dell’occupazione, del deficit pubblico e del debito, si salva , per modo dire, solo in relazione alla disoccupazione collocandosi a metà classifica. Cosa ci sia da stare allegri, risulta incomprensibile. Al contrario allucinante e suicida appare invece l’atteggiamento di questo governo che si nasconde dietro bugie, cercando di mascherare l’inesistenza e l’incapacità di sviluppare una politica in grado di affrontare la crisi che non sia quella dell’attesa che passi “la nuttata”. Condividi