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Pietà l’è morta Il calvario di Eluana Englaro e dei suoi famigliari continua. Non è bastata una sentenza inappellabile della magistratura né le parole del presidente Napolitano contro il decreto legge proposto per impedire, per via governativa, l’esecuzione della sentenza. Il manipolo dei difensori della Vita ha dichiarato guerra al Vivente e continua a far strame di ogni rispetto della dignità e della sofferenza di chi, da ormai troppo tempo, chiede un atto di giustizia, che compensi l’assenza di pietà (pietas, nel senso più alto del termine) che i tutori/cultori dell’ordine, da loro stessi costituito a regola per tutti, continuano a dimostrare, ogni volta si tratti di lasciar dispiegare la libera volontà dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese. Che si tratti di procreazione assistita, di legge 194, di leggi sull’immigrazione, di unioni civili ,di testamento biologico, – legge da più parte invocata per poter chiudere sotto la pietra tombale, siglata Eutanasia, ogni possibile espressione del diritto dell’individuo/a a decidere del proprio corpo e in definitiva della propria vita/morte – il fantasma della “nuda vita” viene evocato per spegnere ogni voce a sostegno dei diritti civili più elementari: la sessualità, la maternità come libera scelta, la casa, il lavoro, la salute, l’integrità del corpo e della mente. Eluana continuerà ancora per chissà quanto tempo la sua non vita e la sua famiglia continuerà giorno dopo giorno a morire - dentro l’anima - al suo posto. Non importa che questa donna sia passata dall’adolescenza all’adultità, stesa su un lettino d’ospedale (anzi in più lettini e più camere d’ospedale) attaccata a delle macchine, affidata alle mani e agli sguardi di estranei che possono disporre del suo corpo nella quotidianità , senza che ciò sollevi neanche il dubbio di come una pratica di cura e assistenza possa diventare negli anni una pratica di arbitriaria reificazione, non potendo Eluana materialmente esprimere apprezzamento o disgusto per questa esposizione – una vera e propria epifania del corpo ridotto a oggetto, imprigionato nello stato innaturale, per gli esseri umani,e non solo, della vita vegetativa - essendo la sua soggettività pregressa negata, pur nell’evidenza delle parole di un padre che si è fatto caparbiamente testimone della volontà di una figlia, di cui continua a piangere l’assenza da diciassette anni, senza poterla pensare nel riposo della morte. Ma che persone sono queste che barattano la persona Eluana con i principi disincarnati di un’etica che, in quanto tale, li riguarda individualmente, ma in nessun caso può essere estesa a legge generale? La coscienza è individuale, come il peccato e la colpa, ma anche come la volontà, il libero arbitrio, il diritto e il dovere di rispondere a se stessi – e per se stessi – delle proprie scelte e azioni. Cristo ha scelto il calvario e la croce e con questa scelta di morte – afferma la religione a cui in Italia si fa riferimento per sostenere anche le leggi dello Stato - ha portato la salvezza e il riscatto; a Eluana Englaro si nega la morte, la si condanna ad una perpetua crocefissione, senza la consolazione di una fine prossima, decretando così per lei e attraverso lei – ma anche per noi testimoni attoniti – l’impossibilità di proclamare l’alto valore della vita, che si esprime nella pienezza del corpo e dello spirito. Silvana Sonno Condividi