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di Isabella Rossi Ce l’hanno fatta le ragazze. Donne di ogni età accomunate da un desiderio: offrire accoglienza alle donne vittime di violenza. Il progetto presentato da diverse associazioni, tra cui l’8 Marzo, Dike, Controcanti, Mother Assistent, Medea, La Goccia, le coop sociali, la Asl 2 e i partnerns istituzionali, ha vinto il bando per la progettazione sociale del Cesvol. Il centro dunque ci sarà. L'inaugurazione è prevista per i primi di marzo. Tuttavia partirà come centro di prima accoglienza per le donne vittime di violenza, l’intenzione è quella di andare oltre la prima accoglienza. Intanto l’affitto dell’appartamento, previa approvazione della relativa delibera, verrà pagato dal Comune di Perugia. Ci saranno mobili e tutto l’occorrente per offrire alle donne che si rivolgono al centro grande attenzione e un ambiente gradevole. Sicuramente un buon inizio e più di qualche motivo di orgoglio per tutte coloro che si sono battute per la sua realizzazione. “Quello che va sottolineato dice Adelaide Coletti”, portavoce della Rete delle Donne Umbre, “è la mobilitazione dal basso di questo progetto e l’impegno e la fatica di 25 volontarie che si spendono per la sua riuscita oltre che per la bontà del progetto stesso. Accanto alle associazioni di più lunga formazione, tra le quali è capofila l’8 Marzo, si sono adoperate organizzazioni spontanee come la Rete delle Donne Umbre, in cui sono attive donne di età, professione, provenienza politica e sociale diverse. E’ stato grazie a questo lavoro di squadra che siamo riuscite a porre l’attenzione sulla necessità di misure di contrasto alla violenza sulle donne in Umbria. Inoltre, organizzazioni come il Sommovimento Femminista, singole donne e donne provenienti dall’associazionismo hanno reso possibile preparare il percorso che ha portato alla costituzione come parte civile al processo per il femminicidio di Barbara Cicioni associazioni di donne sia locali che nazionali”. Del gruppo di volontarie nel centro di prima accoglienza fa parte anche Annalena Stocchi della Nidil-Cgil. Precariato, discriminazione sul lavoro, difficoltà implicite nella vita professionale di una donna sono il suo pane quotidiano. A lei da anni si rivolgono donne in cerca di aiuto. In che modo la tua esperienza può essere messa a servizio del centro? Il mio punto forte è la capacità relazionale. Mi capitano situazioni di ogni tipo ma la mia competenza è più femminile. Ultimamente si sono rivolte a me ragazze extracomunitarie che avevano difficoltà che venisse riconosciuta loro la qualifica o che addirittura venivano fatte lavorare in nero pena il licenziamento. Non sono nuova a frasi del tipo “le negre puzzano non ce le vogliamo in cucina”. C’è ancora tanta discriminazione negli ambienti lavorativi. Qual'è stato il tuo percorso formativo? Io sono cuoca. Lavoravo in alberghi a quattro stelle all’Isola d’Elba percependo stipendi di 3,5 milioni al mese prima del 2000. Nell’89 ero a Recoaro. Lì ho contribuito a far ricostituire la sede di Rifondazione con un esito determinante per le amministrative locali. Abbiamo battuto la Lega e la Dc. Dieci anni fa per me l’Umbria era il sogno alternativo, invece poi mi sono scontrata con una realtà durissima soprattutto in ambito lavorativo. Sono passata da un lavoro qualificato come cuoca presso il complesso dell’Antognolla a lavori precari nelle mense scolastiche. Tuttavia, sempre mi hanno riconosciuto competenze relazionali. Insomma, so cosa significa il lavoro di squadra e le donne che vengono al centro potranno contare su tutto il mio appoggio. Condividi