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di Stefano Vinti Segretario regionale umbro Prc Rifondazione Comunista dell’Umbria non comprende la soddisfazione del PD e di Di Pietro sul modello di federalismo fiscale approvato in Senato. Cosi com’è il disegno di legge, figlio della Lega Nord di Bossi, rischia di avere gravi ripercussioni anche per la nostra regione. Non vorremmo che sul tavolo di una riforma che produrrà innegabili effetti sulla vita dei cittadini si siano giocate altre partite, non da ultima quella salva – Veltroni, la riforma elettorale per le europee che punta solamente ad escludere la sinistra e Rifondazione Comunista dal Parlamento europeo. I limiti del provvedimento sono molteplici. A parte la contraddizione di un provvedimento che istituisce il federalismo ma nello stesso tempo, in quanto delega al governo, accentra tutte le scelte chiave e la non secondaria assenza di qualsiasi riferimento alla dimensione economico – finanziaria dell’operazione, l’inciucio fa acqua da tutte le parti. I vari livelli istituzionali disporranno di tributi propri ma il grado di autonomia nella loro gestione è ancora vago. Non solo, il meccanismo prevede come mezzo per il riequilibrio territoriale nella distribuzione di risorse l'utilizzo di un apposito fondo perequativo, che però dipenderà, in ultima analisi, dalla pressione congiunta dell'insieme dei territori, ivi compresi quelli meno interessati a potenziarne l'utilizzo, senza contare l'indeterminatezza del suo funzionamento nel caso di province e comuni. A sua volta, il calcolo dei costi standard dei servizi essenziali, si scontra con la diversità dell'offerta qualitativa sui territori, oltre che con la diversa incidenza della spesa storica. Fra l'altro può prodursi un'insufficiente distribuzione di risorse per le aree più deboli, con la crescita dei differenziali di sviluppo regionali; ma può al tempo stesso determinarsi la moltiplicazione dei canali di prelievo con l'aumento globale della pressione fiscale. Molto dipenderà dagli orientamenti del governo, che peraltro non sono tranquillizzanti. Quel che è certo è che il meccanismo in sé non evita questi rischi e che anzi tende a sollecitarli. Il motivo è semplice: la gestione su base territoriale delle risorse mette a rischio l'universalità dei diritti, mentre - nel contempo - non dà certezza sulla tanto auspicata ottimizzazione della spesa. Questo è il prezzo che i cittadini dovranno pagare per garantire a Veltroni, Di Pietro e soci le simpatie della Lega e una legge elettorale liberticida utile solamente alla sopravvivenza dei propri gruppi dirigenti. Una scelta scellerata che cozza con le esigenze delle famiglie e dei lavoratori che avrebbero bisogno invece di misure concrete per l’innalzamento di salari, stipendi e pensioni invece di provvedimenti utili solamente ai giochetti del palazzo. Saremmo curiosi di sapere cosa ne pensano gli esponenti del PD e dell’IdV nostrani stranamente silenti. Condividi