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di Maurizio Troccoli Si stringe il cerchio dell'accusa attorno a Raffaele Sollecito, l'unico tra gli indagati dell'omicidio di Perugia, su cui si potevano ancora alimentare dei dubbi riguardo la sua presenza nella casa di via della Pergola, il giorno dell'omicidio. Ad “incastrarlo” una traccia del suo dna trovata sull'elastico del reggiseno della giovane londinese. E la notizia (pubblicata ieri dalle agenzie) arriva proprio in coda al clamore mediatico messo in atto dalla difesa, negli ultimi giorni (vedi la trasmissione Matrix, ndr, su canale 5 di mercoledì scorso), con l'ausilio di super tecnici pronti a smentire l'impianto accusatorio della procura. Impianto credibile ma leggero poiché basato, fino a qualche ora fa, su una traccia di una scarpa Nike, rinvenuta affianco al corpo della vittima e poi “evaporata” nei giorni successivi ai primi rilievi della scientifica, e sulle tracce rinvenute su un coltello trovato dentro la sua abitazione sul quale manico e sulla cui lama sono state rilevate altre tracce di Amanda e Meredith. Ora però l'accusa marca un passo in avanti sulle indagini alquanto inaspettato. Appare chiaro, ai più, che sulla scena del delitto oltre all'ivoriano e ad Amanda c'era anche Raffaele Sollecito. Lui che in tutti questi giorni di prigione ha sempre smentito la sua presenza sul luogo dell'omicidio sostenendo di essere rimasto a casa, di aver fumato una canna, di aver scaricato e visto un film e di non ricordare se quella sera Amanda fosse rimasta a dormire con lui. Una difesa che agli occhi degli inquirenti appariva come strumentale poiché non ci si riusciva a fare una ragione sul fatto che il giovane avesse la lucidità di operare ed interagire con il computers mentre non aveva altrettanta lucidità per ricordarsi della presenza di una bella giovane americana nel suo letto. In queste ore il collegio difensivo è al lavoro per verificare se queste nuove tracce sono determinanti fino al punto di indicare palesemente e senza ombra di dubbio che Raffaele era presente al momento del delitto oppure se ci sono margini per contestare una simile svolta nelle indagini avanzando nuove teorie tese a giustificare questo nuovo indizio. Come ha già provato a fare il papà di Raffaele, Francesco Sollecito che ha dichiarato che “probabilmente quel reggiseno veniva indossato anche da Amanda visto che lei era solita fare uso degli indumenti intimi degli altri, come aveva fatto anche con i boxer di Raffaele”. Altri reperti inchiodano l'ivoriano Rudi, si tratta di macchie di dna su una chiazza di sangue rinvenuta sulla borsa di Meredith e il cromosoma Y su un'altra traccia ematica trovata sul polsino di una giacca della tuta. In particolare, il dna di Rudy è stato isolato su una goccia di sangue presente sulla borsetta della ragazza, trovata sul letto nella sua camera, mentre il cromosoma Y è stato individuato sul polsino insanguinato della manica sinistra della tuta di Meredith. La palla ora passa ai penalisti perugini che dovranno replicare, oppure chiedere nuovi incidenti probatori o ancora dimostrare che questi nuovi indizi non sarebbero determinanti al fine di trasformare gli indagati in assassini. Se da un lato però va in scena il ping pong investigativo giudiziario, dall'altro si celebra una partita mediatica che traghetta l'opinione pubblica verso la consapevolezza che sull'omicidio di Perugia si comincia a fare chiarezza. Nuovi elementi potrebbero arrivare in queste ore dalle indagini che rafforzerebbero le teorie dell'accusa, ovvero della Procura perugina che vede al timone il pubblico ministero Giuliano Mignini. Spesso tuttavia il grande pubblico ha la percezione di definire il quadro del delitto prima ancora degli inquirenti. Spesso gli operatori della comunicazione cavalcano il bisogno collettivo più che giustificato di individuare e subito gli autori di un simile delitto. Ancora più spesso l'inquietudine giornalistica ruba terreno alla cautela giudiziaria che ha bisogno di tempi lunghi e di contesti neutri e privi di interferenze per fornire risposte quanto più inequivocabili possibile. Potrebbe dunque essere l'ora di una riflessione attenta da parte degli operatori dell'informazione, oltre che celebrare con titoli e locandine l'esito di un giallo che messo così: con strilla e slogan di giubilo, al prossimo colpo di scena dell'accusa o delle difese qualcuno potrebbe sentirsi fregato dall'ansia giustizialista, tutta giornalistica. Condividi