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PERUGIA - Ormai si muovono platealmente come se fossero un altro partito. Ci riferiamo agli aderenti all'area "Rifondazione per la Sinistra" che fa capo a Nichi Vendola, minoritaria in Rifondazione Comunista che non perdono occasione per "smarcarsi" dalla maggioranza anche per questioni sulle quali distinzioni non hanno ragione di esistere, vista l'assoluta identità di vedute. Ultimo caso la nota, diramata oggi da Stefano Falcinelli e Francesca Diosono, a nome del Coordinamento provinciale di Perugia dell'Area "Rifondazione per la Sinistra" inerente le questioni legate alla riforma Gelmini della scuola che è da tempo all'attenzione del mondo politico italiano e contro la quale quello della scuola nel suo insieme è unanimemente insorto. Documento nel quale si ripropongono perciò fatti e considerazioni già ampiamente note. I contenuti di questo documento, naturalmente colndivisibili, sono dunque quelli già ripetutamente espressi da tutte le forze politiche e dai movimenti che hanno sostenuto o promosso queste lotte, comprese le segreterie provinciale e regionale di Rifondazione Comunista che al riguardo hanno rappresentato i sentimenti dell'intero partito, senza distinguere, come è giusto che sia, fra le sue diverse componenti. Ecco comunque il testo del comunicato come ci è pervenuto: "Dopo una totale mancanza di discussione e di confronto con le parti sociali, il senato ha varato la riforma-decreto Gelmini (trasformato in legge n°169 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre scorso). Essa è stata presentata come 'una cura da cavallo' per un settore dello stato considerato poco produttivo, alla stregua di ramo secco da tagliare nonostante si tratti in sostanza della base culturale della democrazia: la scuola, l’università e la ricerca pubbliche. Nonostante i proclami di Berlusconi, è chiaro a chiunque si soffermi a riflettere che mettere scuola e università in mano al mercato significhi soltanto una cosa: annientare il sistema pubblico di istruzione, distruggere il diritto allo studio e l'accesso libero e democratico al sapere. Cosa va infatti a tagliare la Gelmini: da un lato la migliore scuola elementare d'Europa ed esperienze didattiche interne considerate esempi da imitare nel mondo; dall'altro un'università che produce ricercatori di alto livello ma che non ha poi le risorse necessarie per assorbirli al suo interno causando il noto problema della "fuga dei cervelli". Uno stato moderno, desideroso del benessere sociale e culturale, non potrebbe che investire in realtà così fondamentali per lo sviluppo del tessuto sociale ed economico del paese; il nostro governo no, preferisce tagliare l'ICI e quindi le imposte sui proprietari di immobili a scapito dell'istruzione pubblica. Se scuola e università hanno bisogno di soldi (e ne hanno) dovranno trasformarsi in fondazioni e trovarsi finanziamenti grazie ai privati. Questa è la fine della pubblica istruzione. Monta la protesta nelle scuole, nelle università e nelle piazze: il governo prima nega l'importanza di questa crisi e va avanti, convinto di non dover cedere al dissenso di insegnati malpagati, dei precari della formazione e della ricerca, degli studenti e delle loro famiglie, ma poi è costretto a fare marcia indietro introducendo modifiche al testo originale del decreto che, al momento, appare paralizzato. Davanti ai dati falsi diffusi dal governo è necessario ribadire le questioni essenziali della riforma: Per la scuola la legge 133/08 (decreto Brunetta) prevede il taglio in tre anni di 8 miliardi di euro e di oltre 130.000 posti nella scuola statale nei prossimi tre anni, mentre il decreto Gelmini (DL 137/08) reintroduce il maestro unico e riporta la scuola elementare italiana indietro di decenni. Per le accademie e nei conservatori, il Ministro dell'Università e della Ricerca si prepara a chiudere i 70 conservatori presenti sul territorio nazionale (lasciando loro la possibilità di passare agli enti locali, già abbondantemente indebitati) lasciandone attivi solo 5 o 6. Inoltre, il taglio dei finanziamenti ai conservatori ed alle accademie in percentuale è pesantissimo. Nell'università, la legge 133/08 prevede tagli per 1500 milioni di euro fino al 2013, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni private, tasse di iscrizione inevitabilmente alle stelle, espulsione immediata di migliaia di ricercatori, tecnici e amministrativi precari dal mondo accademico. Stessa situazione si ha negli enti di ricerca con un esempio fra tutti: 600 ricercatori e tecnici dell’Istituto di Fisica Nucleare rischiano di perdere il posto di lavoro grazie al decreto Brunetta e al DDL 1441-quater; si tratta di 600 lavoratori in un ente di 1600 dipendenti! In questo quadro devastante per le prospettive di sviluppo del nostro paese, “Rifondazione per la Sinistra” è impegnata a sostenere con forza le lotte degli studenti e delle loro famiglie, degli insegnanti, dei ricercatori e docenti che in queste ultime settimane si sono mobilitati a difesa della scuola, dell’università e della ricerca pubbliche contro i tagli mortali del governo Berlusconi. Il 14 novembre sciopereranno l'università e la ricerca, e anche noi scenderemo nelle piazze a manifestare. Si tratta di difendere settori vitali in cui investire per il futuro del nostro paese ed il cui ruolo pubblico rappresenta un elemento fondante a garanzia della libertà di ricerca e d'insegnamento, da un lato, e di un corretto sviluppo culturale ed economico del nostro Paese dall’altro. È inaccettabile che l’attuale stato di crisi economico-finanziaria venga ancora un volta pagato dalle famiglie, dagli studenti, dai lavoratori precari e non. Riteniamo, infine, che una seria riforma del sistema universitario italiano sia indispensabile e che per demolire il sistema di potere e di controllo clientelare dei “baroni” sia necessario investire risorse ed immettere nuove energie umane ed intellettuali al fine di impostare una efficace politica di programmazione e di verifica della qualità didattica e della ricerca". Condividi