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di Daniele Cibruscola PERUGIA - Nel capoluogo umbro non si può parlare di “calcio e stadi” senza che la mente fugga, anche solo per un istante, a Spartaco Ghini: Cavaliere del Lavoro e storico Presidente del Perugia che proprio del Curi fu padre e realizzatore. Ed è successo anche a noi, inevitabilmente. Siamo andati allora da suo figlio Francesco – che dal padre (oltre al cognome) ha preso parecchio, come la grande disponibilità e l'intuito per gli affari – per conoscere le sue impressioni riguardo le vicende che in questi giorni stanno tenendo col fiato sospeso perugini e tifosi. Cominciamo con un po' di amarcord signor Ghini. Cosa ricorda del periodo in cui suo padre costruì il Curi, che aria si respirava in casa sua e per le strade di Perugia? A casa nostra c'era un'atmosfera di puro entusiasmo; non solo per la costruzione dello stadio (cosa che rendeva mio padre euforico in quei giorni), ma anche perché pochi mesi prima avevamo vinto il campionato di serie B, guadagnandoci in tal modo una splendida promozione in A. Proprio per lo stesso motivo però, e mio padre ne rimase un po' deluso, nel sentire comune dei perugini la costruzione del nuovo stadio fu un fatto da mettere relativamente in secondo piano. L'euforia per la A era davvero tanta. E se le chiedessi di fare un parallelismo, un confronto, tra le vicissitudini odierne e quelle che visse suo padre con le Istituzioni di allora, cosa mi risponderebbe? Anche volendo nulla, sono due cose profondamente differenti. La realizzazione del Curi avvenne dopo che la Sicel (la società del padre Spartaco, nda) vinse la gara d'appalto pubblica promossa dal Comune. A seguitò di ciò iniziarono i lavori e lo stadio venne tirato su a tempo di record in soli 3 mesi. Oggi invece il problema è opposto: è la società costruttrice a chiedere al Comune l'autorizzazione a procedere nella realizzazione, è diverso. Si è fatto qualche idea del progetto dei fratelli Silvestrini per un “Grande Curi"? Si, e di quel progetto penso tutto il male possibile: è un'opera faraonica, “immorale”. A fronte di un investimento di 3, massimo 4 milioni, non si può chiedere un ritorno economico 30 volte superiore (stimato infatti tra i 100 e i 120 milioni di euro, nda); si può fare la stessa cosa perfino parlando di cifre ben più basse. E comunque ho seri dubbi anche dal punto di vista imprenditoriale; mi si dirà che non è affar mio, ma continuo a pensare che se realizzato non sarà affatto un investimento redditizio. Ad ogni modo, col calcio, non ci ha mai guadagnato nessuno. Se si vuole creare profitto ci sono altri settori nei quali investire, chi entra in questo mondo deve farlo sapendo che poi dovrà spendere e investire. E del comportamento dell'Amministrazione Comunale cosa pensa? Che non si può accusare il Sindaco di non rispettare gli accordi presi. Il Comune aveva dato la sua parola per un tipo di progetto diverso e di dimensioni molto minori. Quello dell'ex presidente Gaucci ad esempio? Appunto. Quello di Gaucci prevedeva da un lato una diversa destinazione d'uso delle strutture “collaterali” all'impianto sportivo, dall'altro l'impiego di una superficie di circa la metà inferiore di quello di cui si sta discutendo. Parliamo infine di calcio giocato, cosa pensa di questo Perugia? Non posso dire granché: non vado più molto spesso alle partite perché non mi va di vedere vecchi elefanti che vengono a Perugia solo per concludere la carriera. Si può salire di categoria anche coi prestiti di ragazzi giovani, come ha fatto il Rimini, o con il giusto mix di questi con giocatori più esperti. Per il resto sono comunque convinto che non fosse indispensabile un ritorno immediato della squadra nelle serie maggiori, che si potessero anche aspettare 3 o 4 stagioni; l'importante è non promettere la Luna, dire alle persone le cose per come stanno, senza illuderle. Le parole del figlio di Spartaco Ghini ci hanno fatto tornare alla mente tanti ricordi, di un Perugia e di un calcio che ormai non ci sono più e che comunque, da queste parti, speriamo ancora di rivedere. Presto. Condividi