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di Maria Teresa Meli - Il Corriere della Sera Quello di domani sarà il primo passo: Nichi vendola e Claudio Fava presenteranno l’associazione “Per la sinistra”. Il prossimo seguirà più in là. La scissione di Rifondazione Comunista è cosa fatta. Ma non avverrà nel giro di ventiquattro ore. Certo, il governatore della Puglia, nella conferenza di domani, lascerà intendere che è quella la strada e non vi è alternativa possibile, ma siccome una scissione non si improvvisa da un giorno all’altro il tracciato di “guerra” degli anti-Ferrero prevede altre tappe. E per individuarle è sceso nuovamente in campo il “subcomandante Bertinotti”. L’ex presidente della Camera è arciconvinto del fatto che la convivenza con il Segretario Paolo Ferrero si sia fatta sempre più difficile. Del resto, settori non propriamente ininfluenti del Prc ritengono che sia giunto il momento di mollare gli ormeggi. E non si tratta solo dell’ex capogruppo a Montecitorio Gennaro Migliore. Ci sono pezzi del partito, in Toscana, e nel Lazio e altrove che premono per l’uscita. E uscita ha da essere pure secondo Bertinotti, che è il vero tessitore anche di questa nuova fase di vita di Rifondazione Comunista. L’ex presidente della Camera, però, pensa- e lo ha detto ad amici e compagni di partito – che “esistano tempi e modi appropriati”, benchè sia convinto che le “elezioni europee siano il punto di ricaduta”. E infatti ha tracciato la strada che porta alla scissione. “Non dobbiamo fare la parte di chi se ne vuole andare lasciando il partito nei guai”. È la prima parola d’ordine. Ciò significa che non si può andare via e basta, a freddo. Prima bisogna proporre a Ferrero di fare una grande alleanza della sinistra – dai transfughi dei Ds ai Verdi – in vista delle elezioni europee. Poi si attende la risposta. L’attuale maggioranza di Rifondazione Comunista – quella composta dagli ex Pci – è contraria a una simile ipotesi e lo ha già detto, facendosi scudo del dettato congressuale in cui si sottolinea che il Prc deve andare da solo alle consultazioni. Di fronte a un no, scatta l’addio immediato. Ma Ferrero potrebbe provare ad aprire a questa ipotesi, convincendo la sua maggioranza neghittosa, per evitare che una scissione prima delle europee, condanni Rifondazione alla marginalità. Certo, per fare questo il segretario dovrebbe convincere gli ex Pci su cui appoggia la sua maggioranza. Impresa non facile. Ma se gli riuscisse, secondo Bertinotti, non si potrebbe sbattergli la porta in faccia. Se non altro per un motivo quanto mai prosaico:”Supponiamo che si vada separati alle elezioni, noi con la Sd di fava, loro con la falce e martello. E se, grazie a quel simbolo prendessero il doppio di noi, che succederebbe? Succederebbe che la nostra nuova formazione politica nascerebbe già morta”. Per questa ragione Bertinotti preferirebbe attendere le europee per dare l’addio, subito dopo, al partito. “Anche perchè – spiega l’ex sottosegretario del governo Prodi Alfonso Gianni – altrimenti dove cazzo andiamo?”. Interrogativo brutale ma non peregrino: Dunque, Bertinotti tenta di dare un senso alla scissione, ma anche lui si rende conto che “i tempi non possono essere troppo lunghi”.Sennò c’è chi se ne andrà comunque. Condividi