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In due mesi il pacco di pasta - tra le marche di medio e grande valore - venduto nei supermercati umbri è aumentato del 30 per cento rispetto al 33 della media nazionale. Una piccola tenuta dovuta per lo più ai prezzi ribassati dai centri di distribuzione che operano prevalentemente a livello regionale o di centro-italia. Ma anche un 3 per cento in meno - studio Umbrialeft che ha eseguito ben 12 controlli tra agosto ed oggi - non toglie gli umbri da una crisi alimentare dai due volti. La pasta cresce nonostante il prezzo del grano sia in picchiata: meno 27 per cento. Le aziende non possono nascondersi nemmeno dietro al prezzo di trasporto e di energia che è calato in questo lasso di tempo. "E' in corso - spiega Stefano Vinti, capogruppo regionale di Rifondazione comunista che ha promosso il monitoraggio tramite le colonne telematiche di Umbrialeft - una forma inequivolcabile di speculazione su un prodotto che non può non essere acquistato dalle famiglie a basso e medio reddito dell'Umbria. Si cerca di raschiare definitivamente il barile delle famiglie non sapendo poi cosa accadrà per via di questa crisi internazionale. Infine, è la dimostrazione che quel Mister Prezzi molto apprezzato dal Governo Berlusconi non solo non serve a niente ma non è neanche in grado di tutelare nessuno". In Umbria, come in molte pizza d'Italia, i movimenti di acquisto collettivo delle merci di prima necessità sono riusciti a tenere basso ad un euro il prezzo di pane, pasta, mele e latte nonostante acquistino prodotti di qualità. Per Vinti dunque è giunto il momento che "le istituzioni si facciano promotrici di una borsa delle spesa che riguardi 200 prodotti fondamentali per la vita delle famiglie che devono essere scremati, in fatto di prezzi, da ogni speculazione e da ogni aumento non dovuto". Condividi