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“Non è un paese per vecchi” è il titolo di uno degli ultimi film, brillante come al solito, dei fratelli Cohen. “Questo è un paese per vecchi” è invece il titolo della pellicola che parla dell’Italia. E lo scontro intorno allo scontro sul decreto Gelmini ne è solo l’ennesima riprova. Mentre per le strade di mezza, anzi di tutta Italia scendono studenti e insegnanti per dire non solo dei no al decreto ma anche per formulare proposte alternative, il prototipo del Vecchio Politico Italiano (d’ora in poi VPI) è uno smitragliare continuo di dichiarazioni alle agenzie che testimoniano un paio di cose: o che è in malafede, o che di quello che si sta muovendo non ha capito un accidenti. Le ipotesi non si escludono necessariamente a vicenda. Due numeri, anch’essi appartenenti al passato ovviamente, tornano con costanza: il 68 e il 77. Che non sono i numeri che vostro nonno, ovviamente o morto o vecchio, vi ha dato in sogno per sbancare il Superenalotto. Ma sono gli anni che più in questi giorni vengono evocati. Evocati è il termine perfetto, perché sono due fantasmi. Due spettri da ritirare fuori ogni volta che la temperatura dello scontro sale. Due numeri che gli schieramenti opposti dei VPI si scagliano addosso come fossero bastonate. Due numeri che sono però ormai due strumenti interpretativi che non interpretano più nulla; due armi spuntate. Numeri che però il nostro presidente del Consiglio sa usare benissimo. Il ’68 e il ’77 sono ancora due spettri che riescono a terrorizzare la mitica maggioranza silenziosa. Che cos’è la maggioranza silenziosa? Semplice: quella alla quale la sinistra non sa più parlare e che ha fatto vincere Berlusconi. Quella che non scende in piazza ma che la piazza la guarda dalla tv, sprofondata nel divano. Perché, è bene ricordarlo, per ognuno di quelli che scendono in piazza con il loro zainetto carico di panini, bandiere arrotolate, fiaschetto e fischietto, ce ne sono altri venti che stanno lì a guardare dal divano. Che da tutto quel movimento, da quella confusione, si sentono spaventati. Se si vuol tornare a vincere, è con queste persone che bisogna tornare a parlare. Togliersi la puzzetta da sotto il naso e non considerarli più come cerebrolesi antropologicamente legati al berlusconismo, ma persone con cui non si sa più parlare o, peggio, non si sa più cosa dire. A meno che non si voglia credere che l’Italia si sia trasformata nella Corea del Nord, con sondaggi che dicono che l’operato del governo è gradito dal 70 per cento dei nostri connazionali. Quel 70 per cento dovrebbe essere per la sinistra una prateria dove tornare a scorrazzare a caccia di consenso e di voti. E questo per un fatto molto semplice: che l’Italia non è la Corea del Nord. Qui la gente pensa, e s’incazza facilmente pure. In questi giorni stanno protestando persone che del 18 o del 6 politico, del Sol dell’Avvenire, della Rivoluzione o del potere operaio, non può fregare di meno. Non si chiede un egualitarismo al ribasso che mortifica i saperi e le menti, bensì si chiedono più risorse spese in miglior modo, più meritocrazia, più sapere. Insomma, si chiede di studiare, ma anche di insegnare, di più e meglio. Il rischio per queste persone è quello di farsi “fregare” dalla politica, di lasciarsi irretire dal dibattito messo su dai VPI che stanno regolando conti culturali tutti loro vecchi di quarant’anni. Con il risultato che i VPI continueranno il loro dibattito stantio, i protestanti continueranno a protestare e quelli spaventati sul divano rimarranno sul divano. Ovviamente spaventati. Condividi