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di Daniele Bovi Caro Brutti, no, non sono un giustizialista, e le spiego il perché. O almeno, se per giustizialismo si intende combattere per giuste cause, come molte delle quali lei elenca, allora sì, lo sono anche io. Ma il mio era un discorso di tipo diverso e attiene ad una certa narrazione dei fatti, della realtà, che Di Pietro e il dipietrismo fanno. Ma andiamo con calma. Innanzitutto, per onda moralista-giustizialista non intendo la legittima e sacrosanta richiesta di onestà e trasparenza. Su quella, vivaddio, siamo d'accordo tutti. Per giustizialismo intendo bensì quell'onda, quel desiderio di palingenesi sociale mediante diritto penale. Un sentimento ben rappresentato da Grillo e dal grillismo, con il quale Di Pietro flirta. Quell'onda che vuole spazzare via tutto e tutti, che trasforma il sospetto nell'anticamera della verità. Nel 1992 non fu la berlingueriana questione morale a spazzare via Dc e Psi: questi ultimi, o almeno una parte di essi, si spazzarono via da soli con i loro comportamenti. Il sentimento di giustizia fu l'effetto, non la causa. Sempre a mio modestissimo avviso. Poi quel sentimento di giustizia degenerò nel famoso lancio di monetine e nei cappi sventolati dentro l'aula di Montecitorio. Nei mesi e negli anni di carcere, preventivi, che in molti si sono fatti. Salvo poi essere prosciolti perché il fatto non sussisteva. Con il giornalismo dell'epoca che non si chiedeva neanche se quelle persone fossero innocenti o meno, sempre pronti a ricalcare pedissequamente le tesi dell'accusa. Bisognava dare qualcosa da leggere alle tricoteuses che asssistevano allo spettacolo in piazza. Cose di cui, francamente, non si sente la mancanza. I mariuoli c'erano, ed erano molti, ma furono molti anche gli innocenti stritolati da quel meccanismo perverso fatto di cattiva informazione, cattiva politica e gente incattivita. Esemplare del modo di essere, di pensare del dipietrismo, è l'affaire Abruzzo-Del Turco. Appena finito in carcere, in modo preventivo ovviamente, come si usa in Italia, l'Idv abruzzese decide l'immediata uscita dalla giunta regionale, riconsegnando la delega dell'assessore Augusto Di Stanislao. Il coordinatore Alfonso Mascitelli chiede poi immediate elezioni anticipate, spiegando di aver dato incarico al capogruppo di cominciare ad elaborare una mozione da sottoporre al consiglio regionale per decretarne lo scioglimento attraverso la sfiducia. “Da oggi l'Italia dei valori – rincarò la dose il parlamentare Carlo Costantini - chiude definitivamente ogni rapporto con l'attuale gruppo dirigente del Pd in Abruzzo”. Alla faccia del mandato dato dagli elettori. Ma una volta non valeva la presunzione di innocenza? Non sarebbe stato meglio riconfermare l'appoggio al governatore, mettere una toppa alla crisi, piuttosto che il tana liberi tutti? Invece no: si scarica Del Turco, ribadisco, innocente fino a prova contraria, per avere le mani libere, per proporre un proprio candidato che cavalchi l'onda del risentimento popolare. Questione di voti e di poltrone insomma, che poco c'entrano con la Politica, non a caso con la P maiuscola. In quei giorni Di Pietro parlò di un ritorno di Tangentopoli, un qualcosa che nella sua testa sembra essere la gallina dalle uova d'oro in termini di voti. Ma su quali basi poteva parlare di un ritorno di Tangentopoli, con quali prove? Senza farla lunga insomma, è il tintinnare di manette e monetine che accompagna i passi di Di Pietro a non piacere. E' quel moralismo peloso che accompagnò molti di quegli anni che sopra descrivevo a non piacere. E' quella narrazione per cui non ci sono galantuomini ma solo colpevoli non ancora scoperti a non piacere. E' il suo essere intrinsecamente di destra, nella carne e nel sangue come ho avuto modo di dire, che rende poco comprensibile il vostro più che legittimo avvicinamento a quel movimento. Cosa c'entra il mondo di Di Pietro con quello della sinistra in generale, senza aggettivi? Un mondo che ha nel suo dna la centralità della persona umana, della sua dignità, dei suoi diritti, non agita la forca. Alla sinistra democratica (non vuole essere un'allusione al suo movimento, ma non saprei come altro dirlo) la forca non è mai piaciuta. Per il resto, per tutte le questioni che lei elenca nella sua risposta, sfonda una porta aperta. E, sia detto per inciso, nessuno l'ha mai accusata di giustizialismo, tantomeno il sottoscritto. Con stima Daniele Bovi Condividi