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Negli ultimi mesi intorno al biodigestore di Olmeto-Sant’Elena di Marsciano si sono sviluppate aspre polemiche e una forte contrapposizione fra comitati civici ed amministrazione, la quale sembrerebbe orientata verso l’ampliamento dell’impianto e verso il trattamento nello stesso sito non più dei soli reflui zootecnici ma anche di reflui vegetali di provenienza industriale. Altrimenti l’impianto non produrrebbe utili. Si parla disinvoltamente di progetti di ampliamento finanziati da privati per diversi milioni di euro. Non si può, in questo contesto, non tenere conto dei disagi ventennali gia vissuti dai cittadini della valle del torrente Genna: la puzza che si sprigiona dalle lagune ormai colme e dai numerosi laghetti privati utilizzati per lo stoccaggio ‘povvisorio’, la fertirrigazione che insiste sempre nel medesimo territorio, i gas in eccesso bruciati dalla torcia dell’impianto, qualche sversamento sospetto nel torrente filmato dai cittadini ed oggetto di inchiesta da parte della magistratura, il transito continuo di carri botte per le frazioni circostanti. Questa situazione interessa ormai diverse realtà dei colli fra Marsciano e Perugia da Spina a Papiano, da Compignano a Castello delle Forme. Ci domandiamo quante altre realtà locali saranno coinvolte a seguito di un eventuale ampliamento che richiederebbe nuovi terreni da irrigare con i reflui trattati, quanti altri cittadini si troverebbero a dover fare i conti con un brusco abbassamento della loro qualità della vita. Non pochi infatti sono stati i cittadini della zona che hanno dovuto far ricorso alle cure mediche per difficoltà respiratorie, o irritazioni all’apparato visivo dovute alla prolungata esposizione agli aerosol presenti in zona. Ci domandiamo inoltre quale impatto avrebbe un ampliamento del biodigestore sulle potenzialità agrituristiche della zona oppure slle produzioni agricole biologiche di qualità? Quindi se l’alternativa è fra ampliamento e chiusura non possiamo che propendere per la chiusura dell’impianto e per la bonifica delle lagune. Chiarante garantendo l’occupazione ai pochi dipendenti dell’impianto che potrebbero facilmente essere riassorbiti dalla SIA per la raccolta differenziata dei rifiuti e soprattutto concedendo un tempo adeguato ed adeguato supporto, anche economico, agli allevatori della zona a cui deve essere data la possibilità di attrezzarsi con piccoli digestori privati a basso impatto oppure di convertire gli allevamenti in ‘soccida’ in allevamenti di qualità a filiera corta che valorizzino il suino locale anche tramite un marchio specifico. Così da garantire che l’indotto degli allevamenti rimanga in loco sia dal punto di vista economico sia per i suoi risvolti occupazionali. Stefano Vinti Presidente gruppo Prc Condividi