di Michele Prospero.

Per la partecipazione e l’ampiezza dei consensi, l’investitura di Zingaretti può segnare una novità rilevante nella ricostruzione di un campo plurale della sinistra. Dalle sue parole a caldo emerge la consapevolezza della necessità di troncare un motivetto, “Fatti più in là”, che in tanti cantano e vorrebbero che anche il suo Pd intonasse con più convinzione. Berlusconi accenna al ritornello quando invita Salvini a cacciare i 5 stelle, per prendere il loro posto. Ma la medesima strofa la invocano anche certi ambienti di sinistra. Molti salgono in cattedra e invitano Zingaretti a togliere di mezzo i leghisti per mettere il Pd al loro posto, senza neppure andare al voto in caso di crisi e perdere tempo con l’inutile lavoro di spiegare la natura reale del M5s.
Ha cominciato Cacciari a reclamare, per un Pd non più accecato, una svolta radicale che stimoli i grillini sul tema del governo, sulle riforme istituzionali. A dispetto dei poveri fatti, tra Lega e M5S esistono irriducibili differenze qualitative, “elementi storici di contrasto” li chiama. In una rassicurante ma dubbia genealogia, i grillini diventano gli eredi dei non global, di Cofferati, e quindi dei perfetti nemici del liberismo imperante. Come da innovatori di tale tempra sia scaturito il governo più a destra della storia repubblicana rimane un mistero. 
Ad evocare un avvicendamento, tra una stampella sovranista pericolosa e una benedizione democratica che conduca alla salvezza del M5S, comincia anche “Repubblica”. Piero Ignazi insiste su una lettura del non-partito di Di Maio come di un naturale alleato cui pensare nel vortice della crisi perché “il pericolo non viene da quegli sgangherati acchiappanuvole dei 5stelle”. Con grandi “desiderata”, ma privi dei necessari “mezzi tecnico-politici”, i grillini “possono far danni per insipienza”, ma non per ideologia. Dannosi a loro insaputa, insomma. Non resta che conservare i loro “desiderata” e prestare un professionismo politico più adeguato per realizzarli.
Ma davvero solo i mezzi e il personale reclutato nelle parlamentarie sono inadatti mentre i “desiderata” restano splendidi? Se Zingaretti adotta questo schema non farà molta strada, perché al contrario serve oggi una paziente opera culturale per mostrare che inaccettabili non sono soltanto i personaggi alla Sarti o alla Taverna ma proprio i “desiderata” (attacchi al pluralismo, alla separazione dei poteri, abolizione della rappresentanza, scioglimento dei corpi intermedi, stagnazione dell’economia, affondi contro ogni autonomia del sapere dal regno della doxa).
Se Zingaretti si lascia contagiare da quest’ansia di sostituire un pezzo del governo per ritornare presto al potere con Conte, Giarrusso, Toninelli, Bonafede e Di Maio, rivelerebbe la catastrofica pochezza culturale della opposizione politica di oggi. Dalle sue prime parole sembra affiorare però la consapevolezza che tocca arginare il trasformismo di chi pensa a come spezzare il bicolore, per accomodarsi nei ministeri al posto di Salvini. La radicalità della sconfitta, non lascia spazio per il Pd a facili aspettative di ripresa, occorre la percezione della difficoltà della risalita. E quindi il leader del Pd farebbe bene a turarsi le orecchie per non ascoltare il brusio fastidioso di un realismo politico da operetta che gli suggerisce di pensare a come entrare subito nel governo con le alchimie più strampalate. 
Il governo del contratto non è un semplice inciampo, una caduta rimediabile con un recupero della pretesa anima originaria di sinistra del M5S. I fatti contano in politica. E il bicolore è stata la sola alleanza possibile in una fase di tripolarismo paralizzato. Da questo fatto nuovo si deve partire. E quindi, bisogna concedere che, rotto l’incantesimo con la firma congiunta al contratto dell’esecutivo gialloverde, il meccanismo condominiale, che prevede il “premier esecutore”, si può riproporre in futuro, assume cioè per vie di fatto una vera inclinazione strategica. Questo è il più corposo elemento fattuale, il resto rientra solo nell’opinabile regno delle aspettative, legittime ma incerte. Il declino del M5S per ora è solo in potenza, per farne un accadimento reale serve la battaglia politica con in vista non la sostituzione nell’occupazione delle poltrone vacanti ma un progetto storico di rifondazione della sinistra italiana.

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