di Renato Caputo - Citta Futura.

Vice - L'uomo nell'ombra di Adam McKay è un ottimo film appassionante e che lascia al contempo molto da riflettereal pubblico sullo scarto fra la realtà e quanto ci viene propinato dall’ideologia dominante. Al centro del film c’è uno dei protagonisti se non il protagonista principale dello scontro di civiltà, della guerra infinita al terrore che ha contrapposto, dal 11 settembre 2001, il sedicente mondo civile occidentale alla barbarie del fondamentalismo islamico e dei paesi che lo sostengono. Dalla precisa e meticolosissima indagine svolta per la realizzazione di questa biopic, particolarmente complessa – visto che il personaggio in questione ha fatto di tutto per occultare gli eventi più significativi, dal punto di vista storico e politico, del suo passato – emerge un anti-eroe esemplare. Il protagonista non solo non ha nessun aspetto che lo possa rendere identificabile con il maggiore artefice dello scontro fra la “grande civiltà occidentale” e il suo nuovo nemico globale, ma è privo persino di quegli aspetti grandi e terribili che ci si potrebbe ingenuamente aspettare da uno degli esponenti più oltranzisti della maggiore potenza imperialista della storia. Il Dick Cheney che ci viene rappresentato nel modo più realistico, con un perfetto effetto di straniamento – che rende davvero impossibile e impersonarsi e parteggiare con il protagonista al centro del film, per altro magnificamente interpretato da Christian Bale – è un tanto mediocre quanto spietato arrivista. Anzi, l’uomo di per sé sarebbe semplicemente un mediocre fallito, cacciato dall’università, in cui era entrato solo grazie alla moglie, per ubriachezza molesta, che nella vita fa il semplice manovale, passa il tempo libero a ubriacarsi, finendo così con il coinvolgersi in risse che lo portano più volte in prigione, dove è tratto in salvo dalla solerte consorte. È, in effetti, quest’ultima ad avere la stoffa della spietata arrivista, che interpreta in questo senso il sogno americano e lo impone al coniuge, in quanto a lei tale strada è realisticamente impedita dalla società ultra patriarcale statunitense.

Verrebbe, dunque, da chiedersi come ha potuto un uomo tanto mediocre divenire per un certo numero di anni, i fatidici anni della guerra al terrore, l’uomo più potente e influente del pianeta? Questo è il primo grande mistero che cerca di svelare il film. La prima spiegazione individuata è certamente la più significativa, ovvero che la stragrande maggioranza degli statunitensi, per potersi riprodurre come forza lavoro da svendere al mercato al prezzo più basso del suo valore, è costretta a lavorare così tanto e a ritmi così elevati che nel presunto “tempo libero” ha appena il tempo di recuperare le forze spese. Quindi, non ha assolutamente il tempo, né le forze per potersi occupare di politica e, dunque, non solo non è in grado di agire su questo piano, ma nemmeno è capace di intendere che cosa in esso realmente avviene, alla faccia della “grande democrazia” in cui si illude di vivere. Quindi, come ci viene mostrato magistralmente nel film, è nel modo più semplice manipolabile dall’ideologia dominante, espressione dell’oligarchia dominante e dei suoi prezzolati politicanti ed intellettuali organici. Questi ultimi sono lautamente sovvenzionati, come emerge in modo esemplare nel film, con precisi e dettagliati esempi, per consentire alla ristretta oligarchia dominante di mantenere i propri assurdi, irrazionali e antisociali privilegi con il pieno consenso della stragrande maggioranza dei subalterni, ipnotizzata dalla inverosimile credenza di vivere in uno Stato addirittura in grado di esportare la democrazia.

In tal modo, la ristretta oligarchia dominante riesce, sovvenzionando i propri spregiudicati avvocati, giudici e politicanti – non essendoci nessuna legge che punisca la corruzione, visto che “ognuno è libero” di finanziare come meglio crede dei liberi professionisti ai vertici della società politica e civile – a ottenere di pagare sempre meno tasse e ad aggiudicarsi commesse statali sempre più redditizie, a danno della spesa pubblica, con un ampio consenso da parte dell’opinione pubblica.

In tal modo, nella patria dell’ideologia meritocratica può divenire presidente, con poteri enormi decisamente superiori alla maggior parte dei monarchi, la pecora nera di una delle più potenti famiglie dell’aristocrazia economica e politica che domina e dirige il paese. Così, per la sola qualità di essere figlio di un ex presidente, nonché direttore della Cia e di essere un rampollo di una delle più ricche famiglie statunitensi, un ex alcolista del tutto privo delle minime competenze politiche può divenire, per ben due volte, presidente degli Stati uniti e guidare in guerra la più potente coalizione di Stati mai visti nella storia, costruita sul ricatto del chi non è con me è complice del terrorismo internazionale.

Tornando al nostro Cheney, lo vediamo conquistarsi la fama di esperto e navigato uomo politico grazie all’esser divenuto il portaborse di uno dei più spietati e malvagi politicanti della estrema destra repubblicana, scelto dal nostro come esempio da seguire non per una qualche motivazione ideologica, ma in quanto il più sfacciato politicante che si pone al di là del bene e del male in nome esclusivamente della propria volontà di potenza. Come vedremo, l’allievo sarà capace di divenire ancora più spietato di un così grande maestro – in questo campo – tanto da strumentalizzarlo ai propri fini, per poi scaricarlo in quanto troppo compromesso. Al punto che lo stesso Donald Rumsfeld, una delle massime autorità in materia, ha definito Dick Cheney il più malvagio uomo che avesse mai conosciuto.

Del resto, il nostro anti-eroe e tutta la sua ammirata e invidiata famiglia modello WASP si dimostra altrettanto pronta a sacrificare, alla propria volontà di potenza – tutta costruita sulla spietata capacità di accreditare i peggiori istinti e pregiudizi della “gente” – lo stesso anello debole della famiglia, in quanto non conformista dal punto di vista delle proprie preferenze sessuali.

Il protagonista del film rappresenta in modo esemplare il tipico esponente di una variante superiore dell’incarnazione della banalità del male, coniata da H. Arendt nel suo celebre saggio sul responsabile dei trasporti degli ebrei nei campi di sterminio. In questo caso, infatti, non abbiamo semplicemente un funzionario di un regime totalitario che, non essendo capace di pensare autonomamente, si limita a eseguire nel modo più impeccabile il proprio ruolo di boia, senza avere un ben che minimo peso sulla coscienza. Il nostro Vice agisce nell’ombra proprio in quanto si dà come principale obiettivo, per realizzare la propria implacabile volontà di potenza, l’interpretazione in senso totalitario dei codici della più antica democrazia moderna. In tal modo, potrà concentrare nelle proprie mani un potere totalitario, divenendo il massimo arbitro delle sorti dell’umanità, senza uscire dall’ombra della nazione ancora una volta alla testa della guerra per l’esportazione, a livello globale, della democrazia.

Altro aspetto davvero lodevole del film è che sia riuscito a toccare argomenti così sostanziali, scottanti e attuali senza dover per questo rendere il proprio film pesante, intellettualistico e/o elitario. Quindi, senza rinunciare mai al godimento estetico, che ogni vera opera d’arte deve poter offrire allo spettatore, il film lo porta autonomamente a riflettere e a dover prendere posizione sui principali eventi della politica internazionale degli ultimi anni. Senza per questo fare nessuna concezione all’ideologia dominante, senza nessuna caduta nel postmoderno, ma realizzando un notevole film storico realista latore di una significativa denuncia sul piano politico e sociale.

A dimostrazione, dunque, che al di là di quanto ci vogliono far credere, è possibile realizzare un’opera del genere con il finanziamento delle peggiori potenze imperialiste – in questo caso USA, Gran Bretagna, Spagna e persino Emirati Arabi Uniti – senza far nessuna concessione (né dal punto di vista del contenuto, né dal punto di vista della forma) all’ideologia dominante, realizzando un film popolare nel senso migliore del termine, in quanto pienamente godibile da un ampio pubblico (tanto da entrare nella top ten dei film più visti), distribuito in modo più che soddisfacente a livello internazionale e capace persino di aggiudicarsi 6 candidature e di vincere un premio ai Golden Globes, 6 candidature a BAFTA, premi che generalmente si aggiudicano film-merci costruiti seguendo, nel modo più fedele, i dettami dell’industria culturale.

Di contro a questo ottimo esempio di un’opera culturale apertamente controcorrente e in grado, ciò malgrado, di imporsi – nonostante la gestione monopolistica della distribuzione, sotto il pieno controllo della classe dominante – a livello internazionale, non può che apparire ancora più sconfortante la situazione nel nostro paese. Da noi vanno per la maggiore, passando addirittura come autori di un cinema d’autore innovativo e progressista, cineasti del tutto egemonizzati dall’ideologia dominante (postmoderna) come Garrone, Rohwacher o Guadagnino. Mentre ad esempio, il film italiano decisamente migliore, più coraggioso e significativo della scorsa stagione, Santiago, Italia è passato quasi del tutto sotto silenzio essendo proiettato quasi esclusivamente nel cinema del regista e in pochissimi altri, per altro frequentati in modo pressoché esclusivo da radical chic.

Infine Vice non può che spiccare se messo a paragone con i film distribuiti in Italia a inizio di questo 2019, film apparentemente diversi come Suspiria, Ralph Spacca Internet, Aquaman e lo stesso Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità, tutti però accomunati da essere merci prodotte dall’industria culturale al servizio dell’ideologia dominante.

Principale difetto di Vice è l’aver denunciato, nel modo più realistico, il pericolo che rappresentano per la civiltà umana i repubblicani americani, senza mai mostrare – al di là di un troppo rapido passaggio in cui vediamo una Hillary Clinton totalmente in linea con le posizioni imperialiste repubblicane – le pesantissime responsabilità dei democraticinel non rappresentare una reale alternativa capace di arginare i deliri di onnipotenza dei loro avversari. Al punto che l’attuale amministrazione – dovendosi misurare per volontà dei grandi elettori democratici, di contro alla chiara scelta per Sanders della loro stessa base, con una politicante priva di scrupoli come H. Clinton – appare decisamente più reazionaria di quella diretta da Cheney e Bush Junior.

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