di Paola Guazzo e Nicoletta Pirotta - transform!italia.

Il 25 novembre, com’è risaputo, è la giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne.
Sabato 23 novembre in Italia si terranno due manifestazioni nazionali (n.dr.r. 2 gg. fa), l’una a Roma e l’altra a Palermo, indette dal movimento femminista di “Non Una Di Meno” (NUDM).

In moltissime altre città italiane, sia il 23 che il 25 novembre,  sono previste manifestazioni, sit-in, flash-mob, presidi.

Le violenze maschili sulle donne sono divenute un fattore strutturale delle società contemporanee a riprova che il patriarcato non è morto e che, come scrive in un comunicato  NUDM, “la violenza sistemica esercitata sulla vita delle donne e di tutte le libere soggettività che si sottraggono alle norme di genere imposte” miete ancora tante vittime: da gennaio di quest’anno sono state 104 i femminicidi ad opera, nella quasi totalità dei casi, da uomini conosciuti (partner, mariti, compagni, fidanzati…).
Le cause di questa violenza sono certamente molteplici ma ciò che però appare come una costante, spesso sottolineata dall’odierno movimento femminista internazionale,  è che questa violenza rappresenti una  reazione maschile alle libertà conquistate dalle donne o anche solo alla possibilità che possano organizzarsi per conquistarle.

La diffusione di centri a sostegno delle donne maltrattate ha positivamente contribuito “a rendere visibile il fenomeno della violenza maschile sulle donne, modificando nella società la percezione della sua entità e gravità per collocarlo tra crimini contro l’umanità”, come è scritto sul sito di Di.Re. , la rete che in Italia raccoglie oltre 88 organizzazioni che  gestiscono 117 Centri antiviolenza e più di 66 Case rifugio, ascoltando ogni anno circa 23mila donne.
Grazie alla presenza  questi centri, le donne che subiscono violenza hanno la possibilità di iniziare un faticoso percorso per  poter tornare a vivere una vita libera da persone consapevoli di sé e del proprio valore.

Accanto a  ciò da tempo sono stati realizzati luoghi, centri, associazioni che si relazionano con coloro che questa violenza agiscono, cioè con gli uomini maltrattanti. La convinzione che sostiene queste esperienze è che sia possibile  intraprendere la strada di un cambiamento individuale fondato sul riconoscimento della violenza agita, sulla  consapevolezza e sulla responsabilizzazione di sé e dei propri comportamenti. Una strada lunga ma ineludibile.

In tal senso  abbiamo ritenuto utile chiedere a due donne, attiviste femministe di lunga data che lavorano con i maschi autori di violenze, di spiegare il senso ed il perché  del loro complesso lavoro.  Ne sono nate due corpose e dotte testimonianze, che pubblichiamo all’interno della rubrica “Intersezioni femministe”, come prezioso strumento di riflessione rivolto in particolare al genere maschile.
Ringraziamo di cuore: Silvia Dradi Paganelli, attivista femminista, specialista in pedagogia clinica e fondatrice dell’associazione “La Svolta” di Bergamo e Laura Storti, psicoanalista, psicoterapeuta, membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi, coordinatrice del Consultorio Il Cortile all’interno della Casa Internazionale delle Donne di Roma.

Buona lettura

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