La Fondazione Di Vittorio della Cgil nazionale ha fatto una lettura ragionata dei dati di fonte Inps sulle assunzioni relative ai primi 9 mesi del 2016, dalle quali risulta non solo che quelle dell’anno in corso sono inferiori al 2015 e al 2014, ma che il 75% sono a termine. Solo il 22% delle attivazioni e dei relativi contratti sono a tempo indeterminato, parliamo di quelli a tutele crescenti, comunque privi delle garanzie che erano previste dall'articolo 18.

In Umbria, sempre secondo l'Inps, la situazione è peggiore del non già esaltante dato nazionale.

Già come come Ires-Cgil regionale analizzando i recenti numeri messi a disposizione dall’Osservatorio Nazionale Inps sul Precariato avevamo rilevato molti e forti elementi di criticità. Nel periodo gennaio-settembre 2016 la situazione è la seguente: su un complesso di 47.519 assunzioni 8.846 sono a tempo indeterminato, 32.941 a termine, 3.356 con contratti di apprendistato, 2.376 stagionali.

La percentuale delle assunzioni a tempo indeterminato sul totale risulta essere pari al 18,61%. Quindi un utilizzo di questi contratti che risulta essere di quasi 4 punti inferiore alla media nazionale. Un dato, questo, che segnala ulteriori, crescenti difficoltà che dovrebbero essere fonte di profonde riflessioni sia da parte delle istituzioni che dello stesso sistema delle imprese umbre.

E' sicuramente vero che resta positivo il saldo tra cessazioni e attivazioni complessive ma è altrettanto necessario e urgente ragionare, per mettere in campo azioni conseguenti, sul progressivo impoverimento del lavoro, che è sempre più precario e instabile e si conferma la forma assolutamente predominante di nuove assunzioni. In particolare se si intende immaginare un futuro dignitoso per le nuove generazioni va invertito l’andamento negativo dello stato di cose presenti.

Inoltre l’Istat nel suo studio sull’andamento delle nascite in Italia ha messo in evidenza l’emergere con forza del fenomeno della denatalità che colpisce in maniera diffusa tutta la realtà nazionale. Le cause sono molteplici non ultima la stagnazione economica che stiamo attraversando. In questo quadro l’Umbria raggiunge il peggior risultato tra tutte le regioni seconda solo alla Valle d’Aosta, con un indice di nascite nell’arco 2008-2015 pari a -22%. E anche  questo è sicuramente un ulteriore segnale di declino che va affrontato con politiche economiche e sociali alternative.

Mario Bravi,
presidente Istituto Ricerche Economiche e Sociali della Cgil Umbria.

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