di Giuseppe Castellini.

C'è da essere indignati per come vengono trattati, in termini di considerazione, i ricercatori dell'Aur (Agenzia Umbria Ricerche). In altre Regioni, come la Toscana, l'Istituto di ricerca regionale è davvero considerato come un perno, in termini di analisi e di proposte, della politica economica della Regione. In Umbria no, nonostante l'Aur possa vantare ottimi professionisti, analisti di vaglia. Fanno i loro lavori, pubblicano i loro rapporti, alcuni dei quali davvero molto interessanti e che sarebbero utili alla Regione per impostare le proprie scelte di politica economica, ma né la giunta né il consiglio regionale li considerano. Probabilmente non li leggono neppure. 
La politica umbra si è fatta molto miope. L'Aur forse è scomoda perché non suona la musica che vuole il padrone del circo. Ossia nascondere le tantissime sconfitte (economicamente e socialmente parlando) ed esaltare solo le cose che vanno. In altri termini, forse si vorrebbe che l'Aur diffondesse un'immagine falsa della Regione, imbellettandola a ogni piè sospinto. Così viene vista con sospetto, si mettono in giro malignità sul suo conto, si silenzia e si depotenzia. Privandosi di uno strumento che sarebbe davvero molto utile, in termini di conoscenza e di proposte operative, per lo sviluppo dell'Umbria. Ad esempio, alzando il velo sull'efficacia dell'uso dei fondi europei, sui quali manca una vera analisi, che faccia tesoro dell'esperienza degli ultimi 20 anni per vedere se sia o no il caso di cambiare rotta. Un'analisi seria, indipendente e profonda l'Aur sarebbe certamente in grado di farla, ma probabilmente non sarebbe gradita. Il bello è che questi personaggi gridano al populismo un giorno sì e l'altro pure, quando i veri populisti - e diseducatori - sono loro.
Ormai siamo alla politica del nascondimento, delle frasi fatte, dell'immaginario che talvolta è così falso da rasentare il ridicolo. La Regione, ad esempio, ha perfino irriso chi, come lo Svimez, lo scorso anno nel suo Rapporto evidenziava che nel 2016, a fronte di un aumento del Pil italiano dello 0,9%, solo due regioni, l'Umbria e il Molise, mostravano il segno meno. Per l'Umbria veniva indicato -1,6%. Da Palazzo Donini si alzarono risolini e perfino un po' di sdegno, non sapendo neppure che lo Svimez lavora su dati che le anticipa l'Istat. Quei risolini e quegli sdegni diventarono di ghiaccio, sardonici, quando poche settimane dopo l'Istat difffuse il dato ufficiale del 2016 sull'andamento del Pil: Umbria -1,3%, unica regione insieme al Molise a mostrare il segno meno. Gli esponenti della Regione fecero la figura dei fessi, ma pochissimi lo rilevarono. Non una nota, non una riflessione. Solo silenzio ottuso, perché evidentemente considerano il popolo bue, che non deve sapere.
Mi immagino cosa sarebbe potuto capitare ai vertici e ai ricercatori dell'Aur, oltre a quello che già capita loro in termini di disinteresse e mal sopportazione, se avessero prodotto tempestivamente - come sono in grado di fare - un lavoro su questo, analizzandolo in tutti i suoi aspetti. E dire che negli ultimi anni solo l'Aur, vado a memoria, ha fornito almeno due elementi (ma in realtà molti di più) che ci avrebbero dovuto far sobbalzare e avrebbero dovuto far discutere: il fatto che la per la prima volta in tutto il secondo dopoguerra le famiglie umbre hanno ridotto la spesa in istruzione dei propri figli, e che nel 2014, anche in questo caso per la prima volta, il valore aggiunto del settore manifatturiero (esclusa l'edilizia) è inferiore al valore aggiunto della pubblica amministrazione (che come noto è calcolato a prezzi di costo, non fornendo servizi vendibili). Nel 2014 il settore manifatturiero (esclusa l'edilizia) incide per il 13,9% del valore aggiunto regionale, la pubblica amministrazione per il 14,1%. Ossia, una situazione insostenibile. 
Sarebbe stata l'occasione per aprire una grande discussione pubblica. Invece, poiché si trattava di notizie sgradite, è stato fatto calare il silenzio. Anche così si uccide una regione. Siamo alla notte della conoscenza, alla sua manipolazione per interessi di bottega di breve periodo. I risultati, anche in termini di assenza di dibattito pubblico e di partecipazione (quella che c'è suona falsa come una moneta fabbricata nello scantinato), si vedono tutti. In Umbria siamo all'applicazione puntuale di una famosa legge, quella di Gresham: la moneta cattiva scaccia quella buona. Garantendo un così un magro futuro, a meno che non avvengano cambiamenti profondi, direi radicali. Che, speriamo, possano davvero materializzarsi per smuovere lo stagno. L'Umbria, di muovere lo stagno in cui si è impantanata, ne ha un grande, immediato bisogno. Il suo ceto dirigente non è all'altezza e, nell'esalare il suo ultimo respiro, ha ancora tempo per provocare danni. Stabili e duraturi. Possibilmente, nel silenzio.

Condividi