di Fosco Taccini

Dall’impetuoso clangore di epiche battaglie alle grida di eroiche imprese fino ai sussurri di complesse trame per il potere. Nella luce intensa di un tempo passato, al centro di vicende che segnano la storia e alimentano leggende si staglia una figura… un condottiero sagace, abile stratega tra le colonne del Senato, ma anche uomo colto interessato a tutti gli aspetti della realtà: Gaio Giulio Cesare. E Franco Forte nel suo ultimo romanzo, “L’Alba di Cesare”, ci fa immergere proprio nelle vicende (e non solo) riportate nel De Bello Gallico dal condottiero romano. Le vaste, e minuziose, conoscenze dell’autore hanno rappresentato, inoltre, nell’intervista che segue, un magnifico passepartout per aprire un magnifico varco temporale e permetterci di conoscere da più vicino il protagonista…

Si presenti

“Se qualcuno non mi conosce farebbe prima a nascondersi. Potrei trovarlo.”

Un particolare, che la riguarda, poco noto?

“Credo siano le comodità a rendere gli uomini superiori alle bestie, e dunque non mi faccio mancare nulla, anche se per avere tutto occorre avere abbastanza denaro e abbastanza trionfi militari da costringermi ad abbandonare le comodità per spingermi in una lunga campagna di conquista della Gallia.”

Il suo cibo preferito?

“Tutto ciò che consente a un soldato di restare pronto alla battaglia in ogni momento, e dunque cacciagione, pane di farro e vino dei colli romani.”

Il suo più grande amore?

“Il riflesso che scorgo in uno specchio di bronzo lucidato a dovere, quando ci guardo dentro.”

Cosa ha appreso dalla sua carriera politica?

“Che solo chi sta in alto, dominando gli altri dai rilievi, può contemplare la vittoria. Che sia un esercito o un dittatore.”

Un commento sul Triumvirato. Ci può svelare qualche dettaglio in più, a distanza di così tanto tempo…

“Crasso credeva che i soldi bastassero a renderlo superiore a tutti. Pompeo era convinto che nessuno avrebbe mai potuto contrastare i suoi trionfi militari. Io partivo dal basso, ma ho dimostrato che il coraggio e la determinazione, insieme all'intelligenza e alle strategie politiche e militari, possono sconfiggere il denaro e la presunzione.”

Un aspetto che l'ha maggiormente colpita della Campagna Gallica?

“L'irritante capacità dei Galli di scegliere di combattere anche quando era chiaro che sarebbero andati incontro alla morte. Il loro spirito di ribellione era secondo solo alla loro incapacità di disciplina durante la battaglia; ed è questo che ha permesso alle mie legioni di sconfiggerli e dominarli.”

Ci può svelare qualche dettaglio tattico delle battaglie migliori?

“Essere sempre pronti a reagire come un solo uomo, facendo delle coorti non un insieme disordinato di combattenti, ma le membra di una creatura più grande, possente e capace di reagire a qualsiasi attacco, il cui nome è legione. Le legioni di Roma, ovviamente, provviste di un cervello sopraffino, capace di elaborare le migliori strategie da adattare alle situazioni in cui ci siamo trovati. Il mio...”

Lei in molte situazioni ha saputo capire la psicologia dell'avversario. Un fattore utile anche per conquistare simpatie e alleati.

“Chi vuole il potere deve saper leggere prima di tutto nel cuore e nella mente dei suoi avversari, poi dei suoi alleati, e infine di coloro che più gli stanno vicino. Solo così si può dominare il mondo, come io ho dominato Roma.”

Ci vuole parlare della sua visione di Roma?

“Una città magnifica e terribile, una creatura a due teste capace di sedurre e adulare e al contempo uccidere risucchiando ogni energia dall'anima delle persone. Bisogna rispettarla, temerla e amarla. E una volta conquistata imparare a soggiogarla.”

Il suo nome è diventato un titolo onorifico. Che effetto le fa?

“Magnifico quando chi lo sfrutta ha una parte dei miei valori; pessimo quando a Cesare viene accostato il nome di imperatori che sotto di me non avrebbero comandato neppure una centuria.”

La scrittura come piacere… Come ha affinato le sue doti di narratore di cui fa sfoggio nei Commentarii de bello Gallico?

“Il talento non lo si impara, lo si può solo affinare fino al momento in cui si decide di lasciargli briglia sciolta. Io avevo bisogno di farlo dopo ognuna delle imprese che mi hanno portato a diventare il padrone assoluto delle Gallie. Per lasciarne testimonianza ai posteri, e far capire chi è stato Gaio Giulio Cesare.”

Attraverso la lettura dell'ultimo romanzo storico di Franco Forte, "L'Alba di Cesare" (Mondadori), si avrà la possibilità di continuare questo viaggio epico insieme al protagonista di questa intervista...

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