di Sandro Roazzi

Ancora una volta, con una semplicità che coglie nel segno tagliente come è, Papa Francesco affonda i suoi colpi nelle regole più discutibili della nostra economia. Secondo il Papa la “ragione delle tasse sta nella solidarieta”, negata da fenomeni come l’evasione e l’elusione fiscale.

Che la furbizia nel non pagare le tasse fosse un ‘peccato’ sociale la dottrina sociale della Chiesa l’ha ammonito a più riprese nel passato, ma poco ascoltata. Eppure le parole di Papa Francesco scuotono particolarmente perché, in realtà, anche in questo modo si segnalano i limiti e le ingiustizie di un sistema economico che non considera le ragioni della solidarietà se non in modo residuale. L’equità fiscale, va aggiunto, a differenza di altre questioni economiche e sociali non è mai stata davvero avvertita nel mondo cattolico come una leva potente per iniziative forti e, come sembra voler suggerire il Papa, per rendere incisiva la critica contro gli squilibri di cui si rende responsabile il capitalismo. Molti meriti ha indubbiamente l’associazionismo cattolico sul piano civile, economico e sociale, ma chi come il sottoscritto ha vissuto diverse fasi delle stagioni più vive dell’evoluzione e dei fermenti della multiforme area cattolica, non ricorda un’impronta davvero profonda lasciata su questo terreno. Acli, Comunione e liberazione, Azione cattolica, volontariato hanno combattuto molte ‘buone battaglie’, ma non si sono distinte particolarmente sul versante del fisco, come fece ad esempio negli anni ’70 ed ’80 il sindacato e la Uil.

Ma l’equità fiscale, mi sbaglierò, non è neppure stato il cavallo di battaglia delle prediche domenicali, salvo meritorie eccezioni. Un problema di sensibilità che ad esempio, nelle società di tipo ‘protestante’, è emersa in modo più netto, conseguenza indiretta dell’interclassismo praticato per decenni, timore di confondersi con ribellismi non condivisibili? Resta il fatto che la battaglia per un fisco più giusto (che facendo pagare le tasse a tutti le ...riduceva per tutti) è stato appannaggio soprattutto della cultura laica e socialista. Oggi Papa Francesco ne illumina il valore ed esprime una condanna pesante e non equivoca sull’evasione fiscale quando non la considera solo un atto illegale ma molto peggio: evadere il fisco, per lui (ma non dovrebbe essere solo per lui) vuol dire negare la legge basilare della vita che è il “mutuo soccorso”. In realtà Francesco va parecchio più in là quando afferma che, in uno scenario attraversato da tante diseguaglianze, occorre cambiare le regole del gioco del sistema economico e sociale. Una dichiarazione che oggi gli apprendisti stregoni che dominano la nostra scena politica, vecchi e nuovi, non hanno nemmeno il coraggio di pronunciare. Meno che mai costruirci sopra un progetto per il futuro.

Intanto, per non lasciare tracce di dubbi il Papa esplicita il suo pensiero con una stoccata niente male: il “capitalismo conosce la filantropia” ma non la condivisione, non la comunione. Quando si tratta di solidarietà, insomma, o fa spallucce o balbetta. Ancora una volta siamo in presenza di una voce nel deserto? Dovremmo rispondere affermativamente se dal discorso del Papa planiamo nella realtà del nostro Paese, dove ad esempio l’unica riforma che può dare più equità, quella dell’Irpef, è di là da venire. Non parliamo della platea dei contribuenti che fanno il loro dovere, se è vero come è vero che l’81% delle imposte incassate dallo Stato italiano proviene dalle tasche di lavoratori e pensionati. Certo la Chiesa non ha l’obiettivo di fare leggi più giuste, punta a cambiare comportamenti e cuori. Ed in questo senso vive una contraddizione: diventa un punto di riferimento, ma si muove isolata perché oggi cultura e politica non sono in grado di mettersi sulla stessa lunghezza d’onda.

Si osservi il destino delle scelte sul lavoro sulle quali il Governo Renzi ha puntato molto: tfr in busta paga? Un fallimento. Il part time per i lavoratori anziani garantendo pensioni non decurtate? 200 domande invece delle auspicate migliaia. Job act? Meglio la ...Fornero, che ha inchiodato al lavoro gli ultracinquantenni, mentre si è assistito al boom dei vaucher. Flessibilità da lavoro a pensione? Finora non pervenuta. Siamo andati avanti ad incentivi (per carità, dopo la recessione, utili), agevolazioni e sconti. Ma è questo il vero spirito riformatore che, per dirla con il Papa, è in grado di cambiare le regole del gioco?

La risposta finisce per scivolare nella retorica. Il fatto è che questo Paese resta fermo sul piano economico e sociale non solo per assenza di vera progettualità o eccesso di pressapochismo superficiale, ma anche per l’incapacità di riportare valori come la giustizia e la solidarietà, nel sentire comune della società tutta. Forse i ragionamenti del Papa in questo senso possono aiutare a non perdere di vista questa...bussola dei valori, vista l’incisività con cui vengono riproposti. E non è davvero poco.

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