di Elio Clero Bertoldi.

PERUGIA - Dopo il sindaco di Castiglione del Lago, Sergio Batino, a reclamare le spoglie del marchese Ascanio della Corgna prova anche il primo cittadino di Corciano. Cristian Betti ha infatti inviato il 4 giugno scorso una formale lettera al sindaco di Perugia Andrea Romizi, nella quale sollecita un trasferimento “temporaneo” delle spoglie del Signore del Chiugi, di Castiglione del Lago  e di Castel della Pieve. La motivazione: “In considerazione dei legami che legano la famiglia a Corciano: la residenza comunale era di proprietà della famiglia della Corgna (e nella sala consiliare vi é affrescato lo stemma nobiliare), così il Castello di Pieve del Vescovo era residenza estiva del cardinale Fulvio della Corgna, si chiede prima della sepoltura definitiva delle spoglie in San Francesco al Prato, che le stesse siamo concesse provvisoriamente per una esposizione nel Museo Antiquarium di Corciano.”
Ora manca solo Città della Pieve nell’elenco dei richiedenti i resti del marchese.
Non c’é dubbio comunque che la figura di Ascanio della Corgna (1516-1571) anche alla luce di recenti scoperte documentali, sia salita prepotentemente al centro dell’attenzione degli storici accademici e non, di tutta Italia.
Ascanio, nipote per parte di madre (Giacoma, sorella di papa Giulio III, al secolo Giovanni Maria Ciocchi del Monte) é stato uno degli uomini più noti e famosi del suo tempo. Già quando era in vita fiorirono scritti su di lui. Matteo da Spina vergò un poemetto sul duello di Pitigliano tra il nobile perugino e il capitano fiorentino Giannetto Taddei (infilzato al petto e ucciso). Ferrante Caracciolo, dieci anni dopo la morte dello stratega, pubblicò a Firenze i “Commentari delle guerre fatte coi Turchi” e il sacerdote bolognese Guido Postumio Ferri ne celebrò le gesta nella “Canzone in morte di Ascanio della Corgna”.
Di recente, poi, storici dell’Università di Bologna hanno ritrovato e studiato le lettere intercorse tra Ascanio ed un altro comandante perugino, Vincenzo Anastagi (che ebbe l’onore di essere ritratto da El Greco; la tela é finita alla Frick Collection di New York), entrambi combattenti e eroi della vittoriosa difesa di Malta (1566) dalla invasione di un imponente esercito ottomano.
Il marchese di Castiglione del Lago, del Chiugi e di Città della Pieve (titolo ottenuto nel 1563 e più tardi, lui morto, tramutato in ducato) aveva sposato Giovanna Baglioni, a sua volta bisnipote per parte di madre del grande Braccio Fortebracci. Non era un illetterato, Ascanio. Anzi aveva studiato a Roma alla corte dello zio cardinale Ciocchi del Monte. Un altro personaggio di rilievo della sua epoca, Pietro Aretino (che aveva trascorso per circa otto anni - Ascanio non era ancora nato - la sua giovinezza a Perugia, tra botteghe di pittori e frequentazione di poeti e letterati, prima di essere costretto a fuggire per una aggiunta oscena su una immagine religiosa, inseguito dalla Inquisizione) gli chiese “protezione” con una lettera celebrativa nel febbraio del 1550. Cioè quando il nobile perugino contava appena 34 anni, ma mostrava al suo attivo un notevole curriculum di vittorie in guerra (a Casale Monferrato aveva perduto un occhio) e nei duelli. Questi ultimi erano la sua passione, il suo passatempo, insieme ai tornei, alla caccia e all’uccellagione.
Di carattere orgoglioso e ribelle finì anche in carcere a Castel Sant’Angelo. Nel 1565 per “abuso di potere” e l’anno dopo con l'accusa di aver commissionato l’omicidio di un capitano (vi fu coinvolto anche il nipote Diomede, poi preso in adozione).
Aveva servito, il della Corgna, i francesi, l’imperatore (Filippo II lo aveva nominato capo di tutte le fortificazione del suo regno, in quanto esperto ed architetto militare), i veneziani, i fiorentini, il papato. Ma discriminato da  Paolo IV (Gian Pietro Carafa), passò al servizio del duca d’Alba. Il della Corgna si difese pubblicamente, per questa scelta fortemente criticata a Roma, con un “Manifesto e giustificazione” con il quale spiegava che a spingerlo verso il Duca di Ferro (Fernando Alvarez de Toledo y Pimentel) era stato il dissesto finanziario in cui era precipitato per le ingiuste vessazioni subite.
Ascanio, al culmine della gloria dopo la battaglia navale di Lepanto, si spense per febbri maligne, appena rientrato da quella gloriosa impresa, nel palazzo Salviati alla Lungara di Roma, ospite del fratello cardinale Fulvio.

 

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