di Elio Clero Bertoldi.

Aveva vent'anni quando incontrò il suo grande amore, già noto condottiero, ingaggiato, in quegli anni dal Comune di Perugia per difendersi dalle mire dei nobili capitanati da Braccio Fortebraccio. Ma, pur giovanissima, lo seguì, senza paura dei sacrifici e dei disagi, nelle campagne guerresche e gli diede, nel volgere di undici anni, ben otto figli. Altri tre ne partorì, più tardi, col suo legittimo sposo. Tutti i figli maschi, della prima e della seconda unione, si distinsero nelle armi: uno divenne duca, un altro signore di Pesaro, un altro ancora governatore di una città; due perirono con le armi in pugno; un altro trucidato nel corso di una sommossa.
Una donna, insomma, madre di guerrieri, Lucia Terzani.
Questa splendida (florida, fertile e pure piena di salute) ragazza umbra era nata nel 1380 a Torgiano, da una famiglia di bassa nobiltà. E a partire dal 1400, quando Cupido scoccò la freccia fatale, accompagnò il suo amato prima nell’accampamento di Marsciano, poi nel suo continuo girovagare per i campi di battaglia. Muzio Attendolo Sforza - lui l’oggetto della sua passione amorosa - ebbe tre mogli: Antonia Salimbeni (nel 1409), Caterina Alopo (1413) e Maria Marzani (1419), nessuna delle quali gli diede tanti figli (tre matrimoni, 5 figli) quanti gliene sfornò Lucia. Lei gli partorì Francesco, poi duca di Milano, nato a San Miniato; Elisa, che sposò un Sanseverino, alta aristocrazia campana; Antonia, moglie prima di un Da Carrara, signori di Padova e, una volta vedova, di un Da Barbiano; Leone, morto eroicamente nella battaglia di Caravaggio e marito della figlia di Corrado III Trinci, signore di Foligno, venuto alla luce a Castelfiorentino; Giovanni, governatore di Ascoli, Fabriano, Teramo e maritato ad una Lavello, nato a Cotignola, terra degli avi paterni; Alessandro, signore di Pesaro, anche lui partorito a Cotignola; Orsola, monaca clarissa.
Fu lo stesso Muzio Attendolo, che portava il titolo di conte di Cotignola, a dare in sposa, una volta spenti gli ardori del loro rapporto (proseguito comunque per un altro paio di anni anche dopo il primo matrimonio del condottiero), al suo compagno d’armi, Marco di Neri da Fogliano, nobile di Reggio Emilia. Ed anche a quest’ultimo la bella torgianese regalò dei figli: Corrado da Fogliano, condottiero che si unì in matrimonio ad una Gonzaga di Mantova; Rinaldo da Fogliano, militare e governatore di città nelle Marche; e Bona Caterina, accasata con un De Muro da Rossano.
Particolarmente legato alla madre il più famoso dei suoi figli, Francesco, il primogenito. Quest’ultimo, soprannominato “il conticello”, in quanto creato conte di Tricarico da Ladislao re di Napoli, quando aveva appena 11 anni, non solo affrontò e vinse, dopo la morte del padre annegato nell'attraversamento del fiume Pescara, Braccio Fortebraccio nella battaglia de L’Aquila, ma l'anno dopo si distinse nella guerra di Foligno lanciata dal Papato contro Corrado Trinci e per più di due anni, tra il 1433 ed il 1435 rivestì il ruolo di vicario del pontefice, governando Todi e Gualdo. Per sottolineare i suoi legami con la terra natìa della madre, l’Umbria.
Il suo destino, tuttavia, lo chiamava a Milano. Il Visconti, dopo molti tentennamenti e ripensamenti, fu costretto, anche dagli eventi, a dare in sposa a Francesco, condottiero del suo esercito, la figlia Bianca, unica erede. Le fastose nozze furono celebrate il 25 ottobre 1441. Per tutta una serie di avvenimenti, troppo lunghi da raccontare, neppure nove anni più tardi, il 25 marzo 1450, Francesco si pose in testa l’ambita berretta di Duca di Milano. Nonostante l’enorme scalata sociale (tanto più clamorosa per un soggetto nato fuori del matrimonio e dunque bastardo, sia pure riconosciuto), ottenuta non solo sui campi di battaglia, ma anche nella diplomazia dell’epoca (la Pace di Lodi, nel 1454, fu figlia della sua lungimiranza politica), Francesco volle con sé l’amata madre. Lucia, che aveva sofferto per la morte dei figli Alberico prima, Leone poi, Giovanni per ultimo (nel 1451), tutti avuti da Muzio Attendolo e Rinaldo, concepito col Da Fogliano, accettò più che volentieri l'invito e trascorse così gli ultimi anni della vita - piuttosto lunga, per quei tempi: si spense a 81 anni - nella corte ducale di Milano, sempre tenuta in massima considerazione e sempre presente nelle cerimonie pubbliche a seguito del Duca.
La dinastia Sforzesca (oltre a quelle, certo minori per fama, dei Fogliani Sforza e degli Sforza di Pesaro), che tanta importanza ha rivestito nella storia di Milano e della Lombardia, ha avuto inizio, dunque, da questa anonima ragazza umbra.
Francesco, oltre alla erezione Castello Sforzesco, prestigiosa sede del suo ducato, ebbe anche il merito di lanciare la coltura del gelso e dunque dell’industria della seta e fu il fondatore della Ca' Granda, cioè l’ospedale (ora sede dell’Universita statale), primo ad avere la divisione in reparti a seconda delle malattie, sistemi fognari adeguati e cappella interna ed edificato dopo una terribile epidemia di peste che falciò trentamila persone nel solo capoluogo lombardo. Colpito dalla gotta e dall’idropisia, proprio l’anno della morte dell’amata madre, Francesco le sopravvisse meno di un lustro.

Immagine: Francesco Sforza duca di Milano e la moglie Bianca Visconti.

 

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