È attraverso il lavoro che l’uomo riesce ad emanciparsi, a soddisfare i propri bisogni, a condurre una vita dignitosa.

È attraverso il lavoro che una comunità riesce a sciogliere le contraddizioni che minano la propria coesione, a superare le ineguaglianze, a conseguire un progresso sociale ed economico giusto ed equilibrato.

Questo dovrebbe essere, ma così non è.

Fra il sociale e l’economico è sempre il secondo che prevale e che rappresenta il paradigma al quale dobbiamo tutti piegarsi. Se si tenta un minimo ragionamento che mette in discussione questo status quo, siamo tacciati per incompetenti; nel migliore dei casi utopici sognatori.

Penso, invece, che in una società di mercato, il lavoro ed un adeguato reddito, permettono di equilibrare domanda e offerta; la piena occupazione prevenire pericolose emarginazioni sociali; un salario minimo garantito una giusta redistribuzione della ricchezza.

Al lavoro così inteso dovrebbe fare da collante la cultura, le tradizioni, luoghi di aggregazioni sociali, dove il dibattito possa svilupparsi democraticamente e senza pregiudizi, attraverso una narrazione storica libera da sterili e strumentali propagande.

Ma questo non è un sogno, è un’idea di società, è un progetto politico da perseguire, appunto, politicamente.

Purtroppo, la politica non esiste più, e così il progetto che ad essa dovrebbe collegarsi.

Non esiste più il dibattito, ridotto ad una disputa fra tifoserie; il confronto politico spazzato via dalle inutili polemiche.

Ma di politica abbiamo bisogno, direi di un surplus di politica, visto come siamo caduti in basso.

Vista come la madre di tutti i mali essa è stigmatizzata, relegata solo ad interessi privati e malaffare.

Che così si mostri ed in certi casi è, è purtroppo vero, ma per combattere e sconfiggere queste insopportabili inclinazioni l’errore più grossolano è disinteressarsi alle questioni che riguardano tutti. Eppur è quello che “i padroni del vapore” cercano (riuscendoci) di fare.

Questa terribile pandemia sta dimostrando tutta la fragilità di un mondo che pensava di essere invincibile. Stiamo cominciando a capire che solo il profitto non può dettare lo sviluppo economico; che sia indispensabile un intervento pubblico in economia e nella tutela dei cittadini; che le risorse naturali non sono illimitate; che dobbiamo tutelare e proteggere l’ambiente.

Il virus non ci ha colpito per caso e forse, almeno così dicono i virologi, potrebbero nascerne degli altri. Invitandoci a comprendere che dovremmo imparare a conviverci.

Per contrastare un’élite economica e finanziaria che domina il mondo e che impone imperterrita la continuazione di una narrazione culturale e storica che sta dimostrando tutti i suoi limiti, avremmo bisogno di una forza politica di sinistra che non c’è, né per il momento, né per un domani prossimo. Ma ci sono forze sociali, culturali, intellettuali che denunciano questa terribile degenerazione

La voce più forte di tutte è quella di Papa Francesco, che non perde occasione per denunciare al mondo il pericolo di queste ingiustizie, l’assoluta verità del rispetto della vita di ogni essere umano e la necessità del rispetto per l’ambiente.

Mi unisco al Suo appello, sostenendo con forza quanto sta affermando: un salario minimo garantito per tutti.

Attilio Gambacorta
Associazione culturale Umbrialeft

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