Sì del governo Meloni al patto di stabilità e manovra lacrime e sangue
l governo Meloni, genuflesso all'asse dei rigoristi, avalla un patto di stabilità che nei fatti segna il ritorno alle regole di austerity e intanto fa ammuina sul Mes, e lancia una manovra che taglia il welfare, la sanità pubblica. la scuola, salvaguardando gli evasori, gli extraprofitti delle banche e delle imprese energetiche
di Left Redazione
E così, dopo tante dichiarazioni muscolari, il governo Meloni, genuflesso all’asse dei rigoristi, avalla un patto di stabilità che nei fatti segna il ritorno alle regole di austerity che credevamo di esserci lasciati alle spalle; quelle regole che erano state finalmente sospese durante la pandemia, quando l’Europa aveva messo in campo politiche più solidali, che facevano sperare in un futuro diverso, in una Ue che non fosse solo un’unione di mercati.
Ora purtroppo si torna indietro. Non d’un colpo solo, ma entro il 2027. Del resto il 2027 scade il mandato di questo governo di destra e il messaggio è forte e chiaro: tiriamo a campare poi saranno problemi del governo che verrà dopo di noi e che, dopo questo patto, non potrà fare una manovra in deficit come quella che si discute in Aula tra oggi e domani, (pur già pessima e realizzata in deficit).
Intanto, per cercare di coprire la magagna dell’avallo del nuovo patto di stabilità all’Ecofin e che obbliga a ridurre un punto di debito ogni anno, ma incoraggia investimenti sulle spese militari, Fratelli d’Italia e Lega oggi hanno guidato le truppe del no alla riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità che il governo Berlusconi aveva avallato nel 2011, quando Giorgia Meloni era ministro. Ma a favore della ratifica del Mes si è espressa Forza Italia. La spaccatura nel governo è palese.
Si registra intanto anche quella del centrosinistra in Parlamento, con il Pd che in larga parte, con Italia Viva, Più Europa, Azione è a favore del Mes, mentre contro il M5s stelle guidato da Conte.
Il dibattito acceso sul Mes nelle cronache rischia però di oscurare la vera questione: il dibattito sulla legge di Bilancio, che senza aspettare le scadenze europee del 2027, già si porta avanti con drastici tagli alla spesa pubblica, alla sanità, alla scuola, al welfare, alle pensioni. Il governo Meloni trova (a spese della Regione Sicilia e della Regione Calabria di centrodestra) 12 miliardi per finanziare il ponte sullo stretto, in barba al fatto che sia un progetto già vetusto e assurdo dacché permetterebbe di approdare nell’isola dove non c’è alta velocità, dove le ferrovie sono a binario unico e dagli anni settanta si attende la costruzione di strade come la Gela Messina.
I soldi ci sono per opere faraoniche e inutili come il ponte di Messina, ma non ci sono per politiche sociali, di welfare. Esponenti del centrodestra, con retorica vittimistica, giustificano la manovra lacrime e sangue che ci attende, lamentando una difficile congiuntura internazionale, il rialzo dei tassi della Bce, due guerre…
Che la coperta fosse corta fra deficit e debito si sapeva, ma perché il governo Meloni che rivendicava una propria tradizione di destra sociale e di attenzione ai ceti più fragili non è passato all”incasso degli extra profitti delle banche e difende gli extra profitti delle grandi imprese energetiche? Perché non ha agito contro l’evasione fiscale, preferendo la strada dei condoni?
A questo proposito il dibattito in Aula oggi è stato serrato. Chi vuole, lo può riascoltare anche su Radio Radicale. Le forze di opposizione hanno parlato di una manovra senza visione del futuro, che non ha una visione di politica industriale, che non investe un euro per il diritto allo studio e all’alloggio dei giovani e per creare posti di lavoro, che non fa nulla per l’occupazione delle donne (L’Italia è il fanalino di coda fra i Paesi avanzati dell’Europa riguardo al lavoro delle donne). Il centrodestra, con Borghi e altri hanno infierito sul centrosinistra ricordando provvedimenti come il Jobs act, la cancellazione dell’articolo 18. Questo centrodestra, che finge di stare dalla parte dei lavoratori senza rappresentanza (partite Iva, autonomi, ecc.) ha comunque buon gioco passando come il coltello nel burro nelle contraddizioni del centrosinistra, che nonostante il grande impegno della segretaria Pd Elly Schlein, sconta ancora gli enormi danni dell’era Renzi, che ha svuotato la sinistra dei suoi valori e contenuti.
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