Riprendiamo la lotta
di Fausto Durante.
Nella scelta del governo e del parlamento di abrogare i voucher (con l'unico scopo di impedire ai cittadini italiani di votare sui referendum promossi dalla Cgil) per poi reintrodurli con un emendamento alla manovra economica, c'è la descrizione perfetta della voragine in cui è precipitato il Paese. Il trasformismo, la spregiudicatezza, la mediocrità della classe politica; la scomparsa di ogni remora, di ogni freno inibitorio rispetto alla manomissione della Costituzione e dei diritti civili della popolazione; la frattura tra mandato elettorale e responsabilità pubblica; la crisi del rapporto democratico tra istituzioni e popolo. Il governo e il parlamento, quando diventano i luoghi del furto con destrezza, del gioco delle tre carte, della menzogna e dell'inganno, perdono qualsivoglia residua legittimazione e autorevolezza. Al di là del merito specifico e delle opinioni sul tema dei voucher, l'Italia è di fronte allo specchio e deve scegliere. C'è una parte del Paese per la quale la politica può permettersi di mentire sempre senza pagare dazio (ultimo in ordine di tempo l'ex presidente del consiglio Renzi, che avrebbe dovuto abbandonare la politica dopo la sconfitta del referendum del 4 dicembre, che non avrebbe mai dovuto varcare la soglia di palazzo Chigi senza il passaggio elettorale, ma potremmo ricordare le tante bugie di Berlusconi e così via). E c'è un'altra parte per la quale continuano ad avere senso l'idea di un rapporto tra etica pubblica e responsabilità politica, il valore della verità e del senso morale, il prestigio e il decoro delle istituzioni, l'autorità della legge, chiunque sia momentaneamente al potere. La Cgil ha partecipato attivamente alla campagna elettorale per il referendum costituzionale, ha raccolto come prescrive la legge le firme per i referendum su voucher e appalti e per una legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali del lavoro. Di fronte alla irresponsabile scelta e al colpo di mano del governo e di una nuova eterogenea maggioranza parlamentare, la Cgil ora chiama giustamente a manifestare il 17 giugno per la democrazia e il lavoro. C'è un evidente filo rosso tra il 4 dicembre scorso e il prossimo 17 giugno. E c'è uno snodo fondamentale per la speranza di ricostruzione unitaria della sinistra italiana e della sua riconnessione con il lavoro. Sono persuaso del fatto che in questo momento della storia italiana la Cgil ha l'obbligo di provare a far prevalere l'Italia migliore, tra le due che si guardano allo specchio. E questo significa, nella situazione data, l'assunzione di una responsabilità che va oltre i nostri compiti e le nostre funzioni tradizionali. Il gorgo è qui e ora, per riprendere una metafora cara a Pietro Ingrao. Nel gorgo siamo, non andare giù significa avere la forza e le idee per tirarsene fuori. E rialzare le nostre bandiere.
Recent comments
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 50 weeks ago
11 years 51 weeks ago
11 years 51 weeks ago