Può un gesto sportivo cambiare il mondo, la vita delle persone e oltremodo divenire
modello ed esempio e di lotta e di coraggio? A quanto pare, la risposta è affermativa
e Riccardo Cazzaniga nel suo “Abbiamo toccato le stelle (Storie di campioni che
hanno cambiato il mondo)” ne offre ampio esempio. Venti storie di campioni e di
atleti più o meno note chi ci dicono come spesso lo sport, con le sue gesta, abbia
travalicato i confini di una “semplice” prestazione agonistica per divenire qualcosa di
“altro” e di talmente potente da divenire esempio, paradigma e elemento in senso
positivo nel cambiamento del costume, della società e in certi casi di avanzamento
nei diritti umani e civili. Alcuni di questi, sono stati gesti non facili che spesso i loro
autori hanno pagato pesantemente nella loro vita ma che anche per questo restano
profondi ed incancellabili. E il trait d’union che, in effetti, li unisce tutti è certamente
la parola CORAGGIO. Le storie raccontate da Cazzaniga partono dal’Alfa che è la
storia dei pugni alzati dentro ad un guanto nero di Tommie Smith e John Carlos sul
podio dei 200 metri di Città del Messico 1968, mentre ascoltano l’inno americano in
segno di protesta nel rivendicare i diritti civili e la discriminizione della gente di
colore nel loro paese. E le stesse vicende narrate, non a caso, finiscono sempre sullo
stesso podio con l’ultima di questo libro, ovvero quella del corridore australiano
Peter Norman che, arrivato secondo in mezzo ai due americani, simpatizza per la
loro battaglia sui diritti della popolazione afroamericana con tanto di spilletta sulla
tuta australiana. Ciò lo porterà ad essere praticamente escluso dalle successive
Olimpiadi di Monaco ’72 e dalle attività sportive in Australia per tutta la sua vita.
Fino a Sidney 2000, dove non verrà nemmeno invitato alla cerimonia inaugurale. E
solo da morto, con Smith e Carlos ad accompagnare a spalla il feretro, il parlamento
australiano riconoscerà la grandezza di questo atleta (il suo 20.06 nei 200 metri a
Città del Messico è tutt’ora record australiano), ma soprattutto il suo nobile gesto in

difesa del Progetto Olimpico sui Diritti Umani sul podio, in solidarietà con i due atleti
di colore americani.
In mezzo al podio di Città del Messico, Cazzaniga inserisce altre mirabili storie. E le
più belle sono, a nostro modesto parere, quelle che si conoscono di meno. Se la
danza nel ring accompagna la capacità espressiva nelle parole di Mohammed Alì è
oramai cosa alquanto nota, meno conosciuta, ad esempio, è la storia di Surya Bonali,
la pattinatrice artistica che verrà spesso penalizzata nei giudizi dei giudici per il suo
fisico e il colore della pelle non considerati entro i canoni previsti dal pattinaggio su
ghiaccio. Lei, però, capace di sfidare il sistema a viso aperto, pagandone un prezzo
ma chiudendo con un coraggioso e proibito salto mortale all’indietro con ricaduta su
un solo pattino davanti ai giudici e ad una folla che comprende la sfida e la ripaga
con una fantastica standing ovation. Lei che diventa con questo gesto una
“fuoriclasse” nel perorare con forza il suo essere campionessa dentro un altro modo
di porsi e di presentarsi fisicamente. Spesso il coraggio di certe storie si mescola con
le vicende politiche e con le repressioni del proprio paese di origine. Come la storia
della ginnasta Vera Caslasvka che verrà praticamente cancellata dalla memoria dello
sport del suo paese e non solo, la Cecoslovacchia della cortina dell’Est, per essersi
apertamente schierata con le riforme richieste da Alexander Dubcek e per poi non
accettare la repressione sovietica ed il nuovo regime instaurato. Ed è proprio lei che,
alle Olimpiadi di Città del Messico, guarda caso ancora loro, di fronte alla vittoria
contestata della russa Petrik, sul podio avrà il coraggio di chinare la testa e di non
guardare la bandiera sovietica mentre si alza sulle note dell’inno nazionale, in segno
di protesta verso la repressione sovietica nella sua Cecoslovacchia. Altre donne
dovranno ancora battersi per affermare i propri diritti, come ad esempio quello di
aprire le maratone anche al sesso femminile. E ci vorrà il gesto eclatante della
statunitense Kathrine Switzer di correre la maratona di Boston nel 1967 contro tutto
e tutti, anche contro chi cerca di fermarla nel pieno della sua corsa. Ma lei arriva
ostinata al traguardo seppur la sua corsa non venga ufficialmente riconosciuta.

Questo aprirà non solo alla partecipazione delle donne nei prossimi anni negli USA
alle maratone, ma sarà indirettamente un gesto capace di scalfire ulteriormente i
pregiudizi verso le donne; molti, purtroppo, ancora presenti. Le storie altre che
Cazzaniga ci racconta sono sempre atti di coraggio, di solidarietà che restano
indelebili. Ci sono anche le storie di italiani come l’arrivo drammatico di Dorando
Pietri all’olimpiade di Londra del 1908, quella del coraggio di Gino Bartali nell’essere
staffetta con documenti falsi per far uscire illesi gli ebrei italiani dalle persecuzioni
razziali del nazifascismo e quella più attuale del nostro Alex Zanardi capace di
andare contro la sorte del sua invalidità senza arrendersi ma affrontando la vita di
petto e con il coraggio che lo sta accompagnando anche ora nell’affrontare i
postumi del terribile incidente in handbike dello scorso giugno 2020.
E poi quelle celeberrime della corsa di Jessie Owens in faccia al regime nazista
hitleriano nell’Olimpiade del 1936 a Berlino o del pregiudizio verso la rivoluzione nel
suo salto innovativo di Dick Fosbury. Altre vicende umane e sportive ve ne sono in
questo bel libro e non vogliamo rovinare ai lettori la sorpresa di scoprirle da soli.
Cazzaniga, di fatto, descrive le sue storie con linguaggio chiaro, verrebbe da dire
quasi “didattico”, ovvero capace di essere divulgativo e semplice nel senso più
nobile del termine. Tanto da essere, a nostro modesto parere, un libro da leggere
anche ai bambini e ai ragazzi delle scuole superiori. Proprio perché, come dice le
note dell’ultima di copertina, “…I protagonisti di questi venti racconti, con le loro
scelte coraggiose e la loro straordinaria capacità di lottare, ci mostrano come lo
sport può cambiare il mondo, quando si fa portavoce dei più alti valori umani…”.

Antonello Tacconi

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