Una religione non può essere una cittadinanza (di Paolo Brutti)
Qualunque cosa ne pensino loro, gli ebrei dico, nella loro cultura o tradizione, per me un ebreo non è il figlio di una madre ebrea ma uno o una che professa la religione ebraica, esattamente come io non sono cattolico per il fatto che mia madre lo era mentre io non professo quella religione. Una religione non può essere una cittadinanza, altrimenti non siamo in uno stato democratico ma in uno stato confessionale, né più né meno dello stato del Vaticano o il califfato islamico dell’Isis. Essere ebreo non è un fatto genetico ma una fede religiosa. Confondere la professione religiosa col sangue, o col dna che dir si voglia, è l’origine di una definizione razziale che dovremmo cancellare dal nostro vocabolario. La razza ebraica semplicemente non esiste, così come non esiste una razza luterana. I nazisti misuravano i quarti di sangue dei cittadini europei di religione ebraica, per misurarne il coefficiente di arianità e destinarli allo sterminio. Che oggi lo faccia un israeliano mi sembra un rigurgito della storia, abominevole come quello che organizzò la Shoà. La vicenda della diaspora del popolo ebraico dice più di ogni altra cosa che la religione e la cultura ebraica sono disgiunte dalla terra promessa e che questa si è fatta stato per effetto del diffondersi delle idee politiche del sionismo, che è cosa completamente diversa dal giudaismo. Il sionismo ha molti padri e da ultimo l’imperialismo anglo americano, che lo ha coltivato per un interesse di controllo sul medio oriente e non per un risarcimento dell’Olocausto. Per questo si può essere anti sionisti e avversari della politica di Israele e contemporaneamente estimatori e debitori della cultura ebraica per quello che ha dato al mondo, alla scienza, alla filosofia e alle arti. Israele dovrebbe essere espulsa dal consesso dell’ONU, isolata e condannata per genocidio senza che questo tolga nulla alle note sublimi del violino di Oistrak. Per questo sto col popolo di Palestina, con la sua ribellione, col suo diritto alla terra e alla vita.
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